martedì 29 giugno 2010

TORNARE BAMBINI...PERCHE' NO?


Plin plon!Si avvertono i gentili amici che la lettura di questo post è consigliata ad un pubblico giovane. Molto giovane. Diciamo 0-12 come la benetton.
Ma se arrivate in fondo vi accorgerete che...anche no.

Questa è la storia di Lillo.

Chi è Lillo? Vi domanderete.

Lillo è…anzi era…o meglio è stato…

Insomma non è che lo posso spiegare così in due parole.

E’ molto meglio se vi racconto la sua storia.

IL SEGRETO DI LILLO

(tema: la diversità)

In un grande prato, di un bel verde intenso, viveva Lillo. Lillo era un bruco cresciuto senza mamma né babbo. Viveva in un bel funghetto mansardato, dal tetto a pallini, tutto arredato con gusto e semplicità. Lui non si scoraggiava della sua vita da single, anche perché aveva un sacco di amici. Bruno, Beppe, Giovanni e tanti, tanti altri. Erano amici da quando erano delle uova piccole così, e quel prato era stato più volte spettatore delle loro scorribande.

Ma quello stesso prato e tutti i suoi abitanti non avevano ancora visto la cosa più strana e spettacolare che la vita di un bruco può regalare.

Infatti un giorno, Giovanni la rana, Beppe il grillo e Bruno la vespa, andarono a bussare alla porta di Lillo. Erano parecchi giorni che Lillo non si faceva vedere a causa di una brutta influenza che lo aveva costretto a letto.

“Lillo andiamo, ci aspettano al campino per la partita”. Disse la rana.

Dall’interno della casa non rispose nessuno.

“Sarà sempre influenzato?” domandò il grillo.

“Ma no…Lillo rispondi. Stai bene?” Insisté la rana.

“Andate via!” Gridò Lillo dall’interno.

“Lillo, ma che dici? Non vieni?” domandò la vespa.

“Ho detto andate via! Non voglio vedere nessuno!”

“Non puoi dire sul serio. Proprio oggi che Maurizio la mosca ci faceva la telecronaca della partita…uff!!”

Dalla casa un silenzio di tomba.

“Lillo, dai su, che avrai mai…il mal di piedi?” Disse Beppe il grillo ridendo sotto le antenne. Era un comico nato, quello lì.

“Non è il caso di scherzare Beppe. Secondo me Lillo sta ancora male. Lasciamolo tranquillo, proveremo a convincerlo domani.” Propose Bruno la vespa.

A malincuore i tre amici lasciarono il funghetto a pois e il suo strano inquilino.

Nei giorni seguenti provarono più volte a convincere Lillo a seguirli, ma non ci fu niente da fare.

Questo strano caso aveva incuriosito tutti gli abitanti del prato e ben presto davanti alla casa di Lillo si formò un gruppo di amici e conoscenti.

Un giorno Beppe il grillo prese l’iniziativa e con un agile salto atterrò sul davanzale di una finestrella. Incuriosito guardò dentro, ma vide solo la tavola apparecchiata, una scodellina d’erba secca e quattro paia di scarpe da calcetto allineate sulla scarpiera. Di Lillo nemmeno l’ombra. Si girò verso i suoi compagni e scosse le antenne.

“Questa cosa non mi piace per niente.” Mormorò Giovanni la rana.

“Non sarà mica…” Bruno la vespa immaginò il suo amico a zampe all’aria e trattenne a stento le lacrime.

Gli altri insetti lo guardarono sgomenti. Spider il ragno si rigirò le zampette, Zolletta la cicala intonò una triste melodia con la sua chitarra, mentre Gilda la lucciola sbadigliò rumorosamente per la lunga notte passata fuori.

“C’ è solo una persona che può aiutarci. E questa è suor Matilde.”Disse Giovanni la rana. “Aspettate qui, faccio un salto a chiamarla.” E detto questo si allontanò a grandi balzi.

“E quelli chi li ha chiamati?” Domandò Bruno vedendo avvicinarsi gli scarabei stercorari del servizio di pompe funebri.

“L’ho chiamati io.” Rispose Gilda la lucciola. “Ho fatto male? Sono giorni che non si fa vedere, non vorrei che fosse…insomma avete capito”

“Dov’è il morto?” Chiese il capo-scarabeo avvicinandosi e interrompendo il discorso della lucciola.

“Dov’è il morto?” Ripetè uno scarabeo paffutello.

“Zitto Tommy! Quante volte ti devo dire di lasciar parlare me?”

“Scusa papà.” Il piccolo scarabeo ritirò le zampettine e accennò un timido sorriso.

“Ma com’è carino!” Esclamò Gilda “Quando sorride, sulle guanciotte gli vengono due fossette!”

Gli altri insetti abbassarono il capo, imbarazzati.

“Bella battuta.” Mormorò Beppe il grillo. Questa me la scrivo, pensò.

“Allora? Il morto?” Ripetè il capo-scarabeo.

“Qua non c’è nessun morto”spiegò Bruno “ E’ che…” A quel punto la vespa perse la pazienza e con un volo deciso si avvicinò alla casa.

Con la sua esile zampetta cominciò a battere sulla porta.

“Lillo! Per l’amor del cielo, apri!”

Silenzio.

“Lo sappiamo che sei in casa. Dicci cosa è successo.”

“Dicceeelooo…” Cantava a squarciagola la cicala.

“E smettila tu! Ti sembra il momento di cantare?” Brontolò Spider il ragno.

“Lillo, du du du… in mezzo a una viaaaa…”

“Sì, canta, canta, che poi d’inverno...” Mormorò la lucciola.

“L’inverno? E chi se ne importa dell’inverno. Io vado in tournè in Brasile!” Ribattè la cicala “Lillo allo sbandooo senza compagniaaa…” Zolletta imperterrito strimpellava la sua canzonetta.

“Ssh…ecco che arriva suor Matilde.” Disse Spider.

Gli insetti accolsero l’anziana signora con un bel sorriso. “Solo lei ci può aiutare.” Le disse gentilmente Gilda la lucciola.

La mantide religiosa si avvicinò piano piano alla casa e congiungendo le sue zampette a mo’ di preghiera , disse: “Figliolo, cos’è che ti angustia? Con me puoi parlare.”

Da dentro la casa si sentirono dei passi, ma la porta rimase chiusa.

“Mi ricordo di te, di quando venivi all’oratorio Sai che ti sono sempre stata vicino”

“Non posso! Non posso parlarne proprio con lei suor Matilde.” disse improvvisamente Lillo.

“Ma io posso aiutarti, apri questa porta caro” La mantide religiosa si voltò verso gli altri scuotendo la testa.

“Sono giorni che non mangia. La sua scodellina è rimasta piena di erbetta.” Spiegò Beppe.

“Non posso mangiare erbetta capite? Ma no che non potete capire…” Lillo cominciò a piangere “Non potrò più giocare a pallone, indossare le mie scarpette, correre nel prato…”

“Sei ferito? In quel caso ci vuole un medico.” Domandò preoccupato Bruno.

“Sì , sono ferito. Ferito nel cuore.” Sussurrò Lillo da dietro la porta.

“Nel cuore? Oooh Lillo! Hai avuto una delusione d’amore?” Chiese Gilda la lucciola ancheggiando verso la porta. “Ma ci sono qui io a tirarti su il morale, lo sai che è il mio mestiere far dimenticare le pene d’amore. Apri e vedrai che ti aiuterò a superare questa cosa”

Il capo-scarabeo stercoraro tappò subito gli occhietti al figlio.

“Papà, ma te le sei lavate le mani?”

“Ops! Scusa figliolo. E’ che per certe scene sei un po’ piccolo”

“Perché, che lavoro fa quella signora?”

“La lucciola? Quella fa resuscitare i morti!” Sospirò il capo-scarabeo guardando la lucina fluorescente come se fosse ipnotizzato.

“Forse tu sei l’unica che mi può capire, Gilda.” Disse a un tratto Lillo da dietro la porta.

Gli altri insetti spinsero Gilda a farsi avanti.

“Dimmi Lillo. Sono tutta antenne.”

“Non so da dove cominciare…” Lillo aveva una voce timida, titubante.

“Potresti farmi entrare, per prima cosa”

“Si, solo tu però.” E la porta si aprì lentamente. Gilda sgusciò dentro velocemente e su tutti i volti si dipinse un sorriso. Forse Gilda ce l’avrebbe fatta.

“Pretty womaaann…” Zolletta la cicala fu presa da una ventata di ottimismo e ricominciò a cantare. Gli altri erano curiosi e un po’ agitati. Suor Matilde si accasciò stancamente su un sassolino e ripensò a quando, tanto tempo prima, aveva notato Lillo per la prima volta. Era stato abbandonato al convento, adagiato in un guscio di noce. L’aveva visto schiudere, e crescere sano e forte. Non avrebbe mai sopportato vederlo star male. Iniziò sommessamente una preghiera per lui “Padre nostro, che sei nei prati…”

Ad un tratto la porta della casa cigolò. Un cigolìo lento e inquietante. Tutti si zittirono e rimasero a fissare quell’uscio.

Quella che ne uscì fu la più bella creatura che gli altri avessero mai visto.

Grandi ali iridescenti e dai colori sfavillanti erano poggiate su un corpo esile, aggraziato. Il volto, leggermente familiare, era valorizzato da grandi occhi verdi e lunghissime ed eleganti antenne.

L’atmosfera di magia che scaturiva quell’essere era quasi palpabile.

I presenti si guardarono increduli. Chi poteva mai essere quella creatura?

Era questo il segreto di Lillo? Aver tenuto in casa un ospite del genere? Mille domande si formavano in quelle testoline, fino a che una semplice frase di Gilda riportò tutti con le zampe per terra.

“Vai Lillo, vai!”

“LILLO??!!” Gridarono tutti all’unisono.

Qualcuno si stropicciò gli occhi, qualcun altro si portò una mano alla bocca, e suor Matilde portandosi una zampina sul cuore sussurrò “Oh Signore!”

“Sei…sei proprio tu?” Domandò piano Bruno.

“Sì, sono proprio io.” Rispose Lillo abbassando il capo. Lo immaginava. I suoi amici lo avrebbero deriso per questa sua nuova figura e lo avrebbero evitato. “ Lo so, è imbarazzante, ma non ci posso far niente.”

“Non è imbarazzante, sei bellissimo.” Gilda gli fu accanto e gli poggiò una zampetta sulle ali “Le avessi io queste qua”

“E’ un travestito?” mormorò il piccolo scarabeo.

In tutta risposta ricevette uno scappellotto dal padre. “Ma chi te le insegna ‘ste cose?”

“Ma allora come ha fatto a essere prima un bruco e poi…” continuò il piccolo scarabeo.

“Non so com’è successo” gli rispose Lillo. “So solo che un giorno non mi sono sentito molto bene. Avevo freddo, sentivo il bisogno di scaldarmi e mi sono avvolto nel mio bozzolo. Poi mi sono addormentato e quando mi sono svegliato…be’ eccomi qua.” Lillo fece scorrere lo sguardo sulla sua nuova figura.

“Lillo, perché non vieni con me in Brasile? Se ti porto al carnevale di Rio, facciamo un figurone!”

gli disse Zolletta.

Lillo rise di quella proposta. Il primo sorriso dopo tanto tempo. “Davvero sono bello? Non trovate ridicolo questo mio nuovo aspetto?”

Tutti scossero il capo.

“Devi provare a volare Lillo.” Disse Gilda la lucciola.

“Ho paura…io ho sempre strisciato .”

“Devi Lillo. Adesso sei una farfalla.”

Lui agitò un po’ le ali e intrecciò le lunghe antenne.

“Vai Lillo! Vola!” Lo incitarono i suoi amici.

Lillo si fece coraggio e spiccò il volo. Fu una cosa meravigliosa. Lui che nella sua vita aveva visto tutto dal basso verso l’alto strisciando come un verme, ora vedeva le cose sotto un’altra prospettiva. Fece una piroetta, girò su sé stesso e lasciò che i suoi occhi vagassero fino all’orizzonte. Sentì per la prima volta il vento passargli tra le ali e con un sorriso guardò in basso, verso i suoi amici che lo ammiravano a bocca aperta.

Dall’alto di quel cielo celeste, Lillo vide negli sguardi dei suoi compagni, stupore, ammirazione, ma più di ogni altra cosa percepì una grande amicizia che andava al di là dell’aspetto fisico.

E dal basso di quel prato verde, i suoi compagni videro nello sguardo della farfalla, un lieve imbarazzo, un timido sorriso , ma più di ogni altra cosa percepirono che Lillo poteva aver cambiato aspetto, ma per loro sarebbe stato il grande amico di sempre.


domenica 27 giugno 2010

CAMBIO E BORSA.FINANZA? MACCHE', DONNE.





57 secondi. Un tempo relativamente breve, ma anche inesorabilmente lungo. A me per esempio ci vogliono 57 secondi per capire quale tasto devo pigiare per mettere ski.

Voi che fate in 57 secondi? Cioè, voglio dire, son proprio una manciatina di numeri, ‘na cazzatina.

57 secondi.

E’ il tempo che è intercorso dalla domanda di Andrea “Amò, mi dai le chiavi della macchina?” a quando io effettivamente le ho trovate. Non che la borsa fosse improvvisamente esplosa la sera prima e quindi introvabile e manco la gatta se l’era portata nella cuccia. No. La borsa era lì. Sulla sedia (e dove vuoi che sia?)

57 secondi per trovare un mazzo di chiavi in borsa. Guardate che son tanti. Il rischio poi è che la mia mano venga fagocitata dalla borsa stessa. E la borsa non è nemmeno piccola, e penso sia proprio lì il problema. Più è grande, più roba ci metti. Al momento la mia borsa potrebbe contenere comodamente un cucciolo di alano o la scatola del veliero dei pirati della play mobil. Dico al momento perché mica è sempre stato così.

Quando ero giovinetta parecchio, c’era lo zainetto. Rosa, blu, pieno di scritte di uniposca, coi ciucci attaccati, gli scooby doo colorati e il glitter.

Poi passi alla fase “Quanto so’ figa” e c’hai la borsetta fashion, ultra alla moda, che non ti c’entra manco un pinolo, ma vuoi mettere? Niente tracolla, manico alla mano, dorata o argentata, nera o rossa poco importa, l’importante è che sia IN. Da sfoggiare, da far roteare maliziosamente, da dare in testa al guappo che ti importuna.

Poi quando sono diventata mamma son passata alla borsa-zaino. Quegli zaini in pelle che sembrano borse. Perché di fatto non hai l’età da zainetto, ma ti manca la praticità. Ti serve una borsa che ti permetta di avere le mani libere, e che non ti stia davanti come una borsa a tracolla. Il perché? Prova tu a caricare e scaricare un bambino di pochi mesi dalla macchina senza ritrovartelo nella borsa insieme al cellulare. Quindi fashion se vuoi usarla come borsa, buttata sulla schiena a mo’ di zaino per spingere il bimbo sull’altalena (se non vuoi che al ‘rientro’ becchi in pieno la fibbia della borsa. Nel caso, vostro figlio avrà un bel D&G tatuato sul cranio), per scaricare la spesa, per andare in bicicletta (e in quel caso, caro il mio scippatore, per avere la mia borsa devi prima sfilarmi la spina dorsale) e per camminare carponi senza intralcio quando il vostro pargolo ha nascosto le pastiglie del nonno sotto il divano.

Quando Alice è stata abbastanza grande da non avere più bisogno delle mie due braccia, ma solo della mia mano per un contatto mammesco, sono passata alla fase “Rosa, blu, glitterata o a pois, l’importante è che sia comoda. E funzionale.” Come una cucina. Quindi adesso le mie borse sono abbastanza grandi. E c’è di tutto.

Attualmente contiene:

Un portafoglio: grande come una mattonella di quelle che metti nella borsa frigo per refrigerare. Non sono per i portafogli piccoli,non mi c’entra niente, e non sono manco per il portaspiccioli. Io devo avere tutto a portata di mano, santino compreso.

Uno specchietto: a forma di mela, regalo di una mia cliente. Lo trovo molto utile e pratico.Non per mettermi il rossetto o incipriarmi il naso, ma semplicemente per togliere eventualmente la rucola tra i denti dopo essere stata in pizzeria.

Foglietti copri water:ecco, questi l’ho scoperti dopo aver avuto Alice. Noi donne sappiamo far pipì o altro anche in punta di piedi senza poggiarsi al water. I bambini no. A meno che non abbiate un cangurino al posto di un figlio, perché in quel caso potrebbe saltare sul cesso, e saltello dopo saltello la fa senza appoggiarsi. Chi di noi, in un bagno pubblico, non fodera la tazza con la carta? Ebbene, io ho trovato il copri cesso. Tanti foglietti che, una volta spiegati, coprono tutto il water e ti lasciano scoperto il buco.’ Na figata. Ovvio che a volte, quando sono in preda alla commozione per un film drammatico al cinema, frugando nella borsa li scambio per fazzolettini e mi ritrovo a spiegare il copricesso in pubblico. Macchècivoifà.

Fazzolettini: sempre e comunque. Mi ci soffio il naso, mi ci pulisco le mani, ci sputo i noccioli della frutta che mi porto appresso, mi ci pulisco eventualmente una sbavatura del trucco (sputacchiandoci un po’ sopra), e mi ci asciugo l’ascelle quando sudo. Se usate quelli profumati vi fa anche l’effetto di un deodorante.

Il cellulare: che quando squilla non lo trovo mai.E nemmeno quando non squilla.

Le chiavi della macchina, le chiavi della bicicletta, le chiavi di casa e le chiavi del negozio: in tutto una ventina di pezzi.San Pietro non c’è per nulla.

Amuchina gel: dai, lo so che ce l’avete anche voi. Con l’avvento della suina ci abbiamo fatto tutti il bagno con l’amuchina. Lascia un gradevole profumo: un misto di svelto mescolato con l’aceto balsamico.Ma ti uccide tutti i batteri a colpi di karate.

Occhiali da sole: che siccome che sono cecata già di mio, in una giornata di pieno sole potrei scambiare mio fratello per mio cognato. Non ci vado una cippa lippa e sono costretta a strizzare gli occhi per pararmi dal sole. Oltre a farmi venire le rughe, assumo le sembianze di uno shar pei.





E non è bello.

Un bloc notes e una penna: non sia mai che c’ho, chessò, un’illuminazione, un’idea, un’ispirazione, un neurone che mi recita una poesia, e io che faccio? Non immortalo? No, dico.

Un libro: quello attualmente in lettura. Ogni scusa è buona per leggere. Approfitto spesso dell’attesa dal dentista, dal medico o all’uscita della scuola. Una volta stavo leggendo un thriller nell’androne buio di un palazzo in attesa di alcune ricette da ritirare. Dall’ansia e dal terrore manca poco faccio fuori a ombrellate una vecchietta che è sbucata da una porta. Pora nonnina.

Pastiglie e compresse varie: si spazia da quelle per il mal di testa e quelle per la diarrea. Metti che mi capita all’improvviso un viaggio in Africa e son pronta.

Mollette, pinze, elastici e forcine: ma mica messe per benino in un astuccio. Ennò, sarebbe troppo facile. Sono sparse alla rinfusa in fondo alla borsa. Un giorno, addirittura, il portafoglio ci s’è fatto un’acconciatura.

All’occorrenza un po’ di trucchi e il profumo mignon. Ma solo all’occorrenza, tipo quando siamo invitati a un matrimonio, un battesimo o una serata di gala.Diciamo mezza volta l’anno.

Questa più o meno la borsa quando sono sola. Gli oggetti, quando la top family si sposta, aumentano in modo esponenziale.

Bottiglietta d’acqua: perché la pupa, fatti sì e no dieci metri, ha sete. Sempre.

Autan: perché il pupone, fatti sì e no dieci metri, viene punto dalle zanzare. Sempre. Sì, anche con 13 gradi all’ombra.

Stick per puntura di insetto: perché la mamma della pupa e la moglie del pupone a volte ci impiega 8 minuti per trovare l’Autan e nel frattempo uno sciame di zanzare si è pappato la sua famiglia.

Ombrellini da borsa: se la giornata non è delle migliori ci vuole posto anche per ‘sta roba. E la devo portare io…sì okay, non posso pretendere che Andrea porti l’ombrellino di Trilly o quello che pare una serra fiorita.

A volte ci sono richieste come “Amò, che mi porti il portafoglio, le chiavi della macchina e quelle di casa?” E io lo faccio volentierissimo, perché detto tra noi, l’uomo con la borsetta non mi piace troppo. Passi il marsupio tradizionale (che secondo come è messo ti fa avere anche delle grandi aspettative riguardo all’uomo in questione) o il marsupio monospalla (magari quelli sportivi, portati anche con una certa nonchalance ) ma il classico borsello da uomo anche no. Cioè, se voi o il vostro uomo lo porta, niente da dire, ma io adoro quando Andrea fa il gesto di prendersi il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans. Non so perché ma lo trovo molto macho. Fateci caso, si gonfia pure il bicipite. (Vi ho mai detto che la causa della mia pressione alta, sono gli ormoni? Che, s’era capito?)

Se poi è una gitarella, si aggiunge la macchina fotografica (magari ci scattiamo 90 foto) i crackers ( magari ci prende un languorino) il berretto (magari ci prende un’insolazione) e la cartina (magari evitiamo di perderci)

Attualmente vengo un filino alleggerita in quanto Alice porta la sua borsa o il suo zainetto quindi quelle tre o quattro cose se le porta da sola.Una penna, tre euro, e una forcina.

A volte è capitato che riponendo le borse e facendo pulizia nell’armadio veda cadere in terra alcuni oggetti che in una borsa sono indispensabili:

un cacciavite a stella

una forchetta di plastica

un lucchetto senza chiave

1000 delle vecchie lire

un biglietto del cinema del ‘98

e un cavatappi

Voglio dire, chi non ha queste cose in una borsa.

Ora vado ad allenarmi. Voglio vedere se riesco a trovare le chiavi della macchina in 10 secondi netti.Se ci riesco mi vedrete ai prossimi Giochi senza frontiere.


Tracce di questo post anche nel portale TentazioneMakeup.

venerdì 25 giugno 2010

NON CI RESTA CHE PIANGERE

Ragazzi, una cosa seria. Prendetevi 5 minuti e guardatevi questo video.E’ veramente da brividi. Poi mi dite cosa ne pensate. Grazie.




martedì 22 giugno 2010

IL CODICE DA VINCI



C’è chi è bravo con i codici e chi no. Ecco, io no. Partiamo subito col dire che sabato MadiS con questa semplice domanda “Simo, ma tu un banner ce l’hai?” ha fatto sì che mi chiedessi “Io un banner ce l’ho?” ma più che altro “Cosa è il banner?”

Appurato che non è una malattia esantematica e informatami su questa parola,anche se sentivo che c’andava di mezzo un codice, io e MadiS ci siamo messe a chattare via mail in modo compulsivo. Il succo di tutto il mio discorso si può racchiudere in “Non ce l’ho,se tu dici che mi serve mi fido, fammelo te, hai carta bianca” e il suo rassicurante “Io so farlo, stai tranquilla”.

Ho ri-dato un’occhiata al suo blog che è talmente carino e pieno di cosette per blogger che ho aggiunto subito “Se c’è da pagare manco morta”. Perché nessuno ti regala niente al giorno d’oggi.

Lei più o meno mi ha risposto “Te lo fò gratis ma non aspettarti granchè perché non sono un’esperta” Questa è MadiS. Carineria unica.Anche lei vola basso.Ma è in gamba e potrebbe anche tirarsela un filino.In quel momento ho sentito subito un' innata simpatia nei suoi confronti. Due cuori e un codice.

Comunque nel tempo che io impiegherei per fare una doccia, MadiS mi ha sfornato non uno ma ben tre banner e mi ha fatto scegliere.Io ho scelto quello che vedete in basso a destra, ma anche gli altri erano troppo bellini. Quindi se io vi sembro bugiardina quando vi dico che non so cucinare(anzi, ma quanto siete carini a farmi i complimenti?) MadiS non è da meno quando dice “Faccio cosucce, niente di che…” Non credetele, è bravissima e paziente (mi ha spiegato tutto di nuovo bensì l’avesse già fatto e io, ovviamente, non avevo capito una beata mazza).Grazie MadiS, da oggi posso dire “Io ce l’ho!” Inutile dire che quando sono arrivata a piazzarlo l’ho messo per metà. Ma nessuno se n’è accorto, vero?

Che vi devo dire. Ho problemi con i codici, gli html, i numeri e perfino ho difficoltà a premere il tasto giusto di un citofono.

Una volta l’ho fatta grossa e ci stavo per rimettere 10 euro!vabbè non sono niente, ma…insomma, mezza messa in piega mi ci viene!

Un giorno, mentre sono alla cassa dell’iper, mi cade l’occhio sui tesserini per ricaricare il cellulare. Avete presente? Quelli tutti in bella vista come cravattine nell’armadio. Agguanto con gesto felino il mio cellulare e guardo quanto c’ho. 2 euro e 37.Non male. Ma spariamoci una ricarica da 10 euro!

Prendo il tesserino e la dicitura spiega che è un modo semplice e veloce di ricaricare il cellulare. Basta che la cassiera passi il cartoncino alla cassa, te lo paghi e poi con numero sullo scontrino ti mandano i soldi sul cellulare,semplice no?

Sono uscita dall’Iper ripetendomi celapossofare celapossofare celapossofare. Il senegalese all’uscita pensava pregassi e invece dei calzini voleva vendermi un rosario.

Monto in macchina e mi dico. “Via, lo ricarico subito, così poi chiamo Andrea”

Spiego per benino lo scontrino e leggo il codice :una specie di ghkkh6657nbbb.

Mi sento rispondere “…..il codice è errato

Errato?“Come errato?” lo ridigito piano piano: ghkkh6657nbbb.

La vocetta un tantinello stronza della signorina del nastro registrato mi ripete “...il codice è errato

“Ma come errato!!!Ma non sono mica scema!!Vuoi vedere che hanno sbagliato??” Perché ovviamente mica posso sbagliare io. Cioè, a me di essere rinco non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello, a volte. Me lo devo tatuare sul braccio.

Mi metto seduta a modino e ridigito il codice. Quasi quasi indosso le cuffie come al gioco della ghigliottina e sto attenta. Sto digitando troppo velocemente? Allora vado piano. Ghkkh6657nbbb. La vocetta parecchio bastarda della signorina di quel cazzutissimo nastro mi ripete “Tim.Il codice è errato”

“E ma vaffanculo!!! Come Tim il codice è err…?........?.........? TIM??? Io non ho Tim. Ho Wento!!” (faccio del mio meglio per non fare troppa pubblicità)

Guardo lo scontrino che avevo GIA’PAGATO e c'è scritto che ho pagato una ricarica Tim!

Da notare: fino a quel momento avevo omesso la prima parte del messaggio registrato.

Ma come ho fatto? E ora? Ommioddio!!!Ho pagato 10 euro per una cosa che non potrò mai sfruttare!!Per punizione mi rinchiuderei le dita nella portiera, ma poi decido che se rientro all’Iper e spiego cosa è successo, magari mi aiutano. A chiamare quelli della neuro, sicuro.

Comunque ci provo.Torno dentro con la faccia attapirata e chiedo alla signorina del bancone

“Mi può aiutare?Guardi ho fatto una cavolata, non so come possa essere successo…”

Gli spiego brevemente e lei chiama il direttore. Mi spiega che avendo anche pagato la spesa e quindi la tessera col bancomat, per questioni di cassa non potevano ridarmi i soldi.

Arriva il direttore ed io a quel punto mi accascio sul bancone “Mi aiutiiii…………”

“Signora, la prego. Stia calma”

“Ma noooo!!Ho fatto una cazz..una cavolata. Un errore, ma come posso fareeee!!”

L’uomo alla porta con l’auricolare s’è messo a chiamare qualcuno, probabilmente il 113.

“La signorina mi ha spiegato, è anche vero che è un errore suo…”

Lì, m’è partito l’embolo “Errore mio??Errore mio?” Ci mancava solo che gli dicessi “Siete solo chiacchere e distintivo” e poi sembravo proprio De Niro. “Eccerto!La fate facile voi. Mettete tutte le tessere lì in bella vista, Wind, Tim, Tom e Jerry, Vodafone, Amplifon e poi la gente si imbroglia. E metteteci i cartelli a modino, no?Gli pare che devo stare attenta al rullo, ricordarmi il codice bancomat, FARMI DA SOLA le buste (mica come all’estero che c’è il ragazzetto che te le fa,tzè!) pagare,scambiare due chiacchere con la cassiera (a proposito quella della cassa 12 è anche scorbutica, se lo lasci dire), tirare fuori le chiavi della macchina, schivare tre o quattro senegalesi, manco fossi Gattuso, è regolare che una può imbrogliarsi e prendere un cartellino sbagliato, no?”

“Signora, si sente bene?”

“No. Vorrei un caffè”

“Guardi, ho capito il problema.”

“Mi può dare quella della Wento?”

“Ma quelle della Wento le diamo qui al bancone. Ma non lo vede che sottoforma di cartoncino non c’è?”

NON C’ERA NEMMENO!!! Non sono rinco. Sono OLTRE.

Ma io lo so.E’ stata la cassiera alla 12 che mi ha scioccato, brutta e antipatica come poche, con due orecchini piumati alle orecchie, che sembrava la sorella brutta di Pocahontas.

“E ora?Che si fa?” nel frattempo mi son tolta le scarpe, così, per stare più comoda. “Io le do lo scontrino e lei la tessera?Mi dà 10 euro?Gli offro una cena? La accompagno a teatro?Le vengo a pulire il cesso?” Agguanto una penna “Devo firmare un modulo? Sottoscrivere qualcosa?Un autografo?Cosa devo fare per farmi ridare 10 euro?” Mi sto quasi prostituendo.

“Un attimo…” chiama una ragazza.

“Cioè, scusi, faccio per dire…si rende conto che ci sono 10 euro nell’etere delle sue casse? Nel limbo dell’Iper? 10 euro non ancora sfruttati che chissà dove andranno a finire?”

Lui non mi sta manco ascoltando e smanetta al computer, fino a che non arriva una ragazza con una chiave. Apre un cassetto e..magia!!Una tessera Wento!!

“Tenga, ma stia più attenta la prossima volta.”

“Oh!!Grazieeee!!!Ma quanto l’ha fatta lunga SantoIddio!!!!In fin dei conti è una tesserina!Allora non le devo offrire una cena”

“No, guardi, proprio no”

“Grazieee!!!Anche qui c’è il codice vero? Ma ora mi riesce! Graziieee!!!”

Scendo dal bancone apparecchiato, nel frattempo avevo anche messo due candele, e mi dirigo alla porta . “Signoraaaaa!!!!”

“CHE C’E’?”

“Quella penna. E’ nostra. Se me la restituisce…”

“Ah, sì! Certo! Ma che birbante che è lei! Furbetto! Volevo vedere se stava attento. Comunque bel supermercato. Complimenti.” Il tipo con l’auricolare mi lancia un’occhiataccia. Che c’avrà da guardà? Mi chiedo.

Sono uscita e il senegalese voleva vendermi un paio di mutande.Ho chiesto un passamontagna ma non ce l’aveva.

Mica per fare una rapina, mi serve per la prossima volta che entro in questo posto.

Piesse: e comunque una volta arrivata a casa ho grattato il codice con la punta delle forbici e ho fatto fuori due numeri. Illeggibili.Però, improvvisandomi Dan Brown, ce l’ho fatta.

Ditemi che è successo anche a voi. Che anche voi, come me, siete OLTRE.

sabato 19 giugno 2010

IL TIRAMISI' (MO) ALL'ANANAS

Tutti fanno il tiramisù, io faccio il tiramisìmo. Che non è altro che un tiramisù alla mia maniera. Lo sapete, no? Non riesco ad attenermi manco alla ricetta originale e ci devo mettere del mio. Quindi ho preparato il tiramisìmo all’ananas perché è più fresco e a noi il caffè non è che piace tanto.E se l’ho fatto io..

Ingredienti: (per una teglia media)
500 gr di mascarpone
150 gr di zucchero
4 uova
ananas sciroppate con la P, non sciroccate con la C (un barattolo)
100 ml di panna fresca montata (cioè, una panna che si da delle arie)
savoiardi o pavesini (circa una confezione)

1 marito che vi apra il barattolo di ananas se non è di quelli con la linguetta.Non so voi, ma io riesco a tagliarmi pure con la latta.


Procedimento:
In una terrina lavorare bene i tuorli con lo zucchero finché non si ottiene un composto chiaro e spumoso. Se siete riuscite nell’intento, ammiratelo e congratulatevi con voi stesse. Nel caso fatevi anche un applauso.
A parte montare a neve gli albumi. Qui aprirei parentesi (scordatevi di montare a mano i chiari. Vi verranno due braccia che manco un culturista e gli albumi si sgonfieranno al minimo spifferino d’aria. Roba che se avete in casa una zanzarina con l’aerofagia ve la sgonfia con un petozzo. Ci vuole energia e velocità. No, non ingaggiate Bolt, ma munitevi di una frusta elettrica.Vi servirà solo per montare gli albumi o al massimo per minacciare vostro marito quando non vi vuole stendere il bucato.Messo alla massima potenza e avvicinato al suo naso, io dico che i panni ve li stende.)
Aggiungere ai tuorli e lo zucchero il mascarpone e mescolare bene.
In ultimo versare gli albumi e la panna montata non zuccherata girando dall' alto verso il basso per non smontare il composto (son stata venti minuti a capire la frase ‘dall’alto verso il basso’ e c’è mancato poco che rivoltassi la ciotola).
Nella teglia adagiare i pavesini o i savoiardi inzuppati del succo delle ananas sciroppate e versarvi sopra la crema ottenuta.(fossi in voi non li zupperei troppo, a meno che non vogliate ritrovarvi tra le mani una poltiglia. C’è da dire che risulta utilissima per far giocare vostro figlio al ‘piccolo muratore’)
Alternare gli strati e decorare all' ultimo con fette di ananas e panna montata.
Lasciar riposare in frigo per almeno 3-4 ore. (nelle quali potete telefonare a un’amica col cellulare di vostro marito, godervi un bagno caldo e ritrovarvi lesse come un cotechino, andare a fare benzina e intrattenervi a fare amicizia col benzinaio caruccio, leggere un libro mentre fate l’impacco ai capelli, arrivare alla prima profumeria del paese e fare shopping con la carta di credito del fidanzato)

Qualsiasi cosa abbiate fatto, quando tornate il tiramisù è pronto.

Due suggerimenti:

con lo stesso procedimento potete preparare delle coppe monodose, ideali da servire ai vostri ospiti. Questa cosa torna molto utile se avete l’amica logorroica: aggiungere nella sua coppetta due gocce di sonnifero. Se proprio non si cheta un attimo, anche quattro.
Se invece volete dare al tiramisù un tocco alternativo,aggiungere al succo di ananas un goccio di rum. In questo caso probabilmente finirete tutti ‘mbriachi a cantare canzoni di Bob Marley.

Io, di mio, ho aggiunto un pizzico di granella di nocciole nel buchetto dell’ananas. Sennò mi sembrava di aver decorato il dolce con delle caramelle Polo giganti.

Con questa ricetta partecipo al contest di Menta e Cioccolato


che prevede dolcetti senza forno.
Buon Tiramisì!

mercoledì 16 giugno 2010

MAI DIRE MONDIALI




Ma potrebbe essere anche mai dire goal.O mai dire Simona. Fate voi. Premetto subito che seguo il calcio con lo stesso interesse con il quale potrei seguire lo spostamento dello sciame delle locuste in Africa. Non tifo, non me ne intendo, il fuori gioco per me è addirittura un punto di vista e mi piacciono solo i goal in rovesciata. E pensare che da piccola tifavo. Ma non perché me ne intendevo, ma solo perché magari c’era qualche giocatore caruccio.E pensare che quando ho conosciuto Andrea, lui giocava a calcio (anche a un certo livellino) e quindi dovevo appassionarmi un pochetto, no? Andavo pure a vedere le partite, ma mi distraevo giusto un filo.
Andrea: “Simo, hai visto che goal ho fatto???”
Simo “Hai fatto un goal?”

Simo “Bravo amore!Questa volta ti ho visto!Che goal!”
Andrea “Impossibile, mi sono stirato nel riscaldamento e non ho giocato”
Simo “Ah sì?”

Simo “Andrea, ecco!E’ lui, quello lì che ti ha dato la spinta, che ti ha fatto tutti quei gestacci, ma come si permette?Che avversariaccio! Guarda che faccia!”
Andrea “E’ il nostro portiere, e non sono gestacci, cerca di allineare la barriera”
Simo “Barriera?
Detto questo, l’Italia ai mondiali la guardo. Comportamento perfettamente ipocrita, ma mi porto dietro tutto quel bagaglio emozionale dell’82 che fa sì che io tifi Italia ai mondiali. Ovvio che continuo a non capirci una mazza.
Quindi lunedì tutti pronti in casa per la partita. Prima potevamo anche spostarci per vederla tutti insieme, ma da pochi mesi abbiamo il televisore grande ultrapiatto quarantaquattro pollici due medi e un indice hd ellecì tar taeg ambarabàciccìecoccò, e quindi abbiamo optato per starcene a casa stile stadio. Il problema è che ero fuori e sono arrivata un po’ tardino.
“Amò, tra poco inizia la partitaaaaaaa!!!!”
“Hai ragione,ho fatto tardiiiiiiiiiii!!!”
“Ma che correte?” chiede giustamente la figlia.
“Presto presto che inizia. Meno male la cena è già pronta!”
Infatti mi ero organizzata e avevo preparato l’insalata di riso.
“Presto mangiamo. Chi ha un imbuto?”
“Simo, dai mangiamo con calma, ma con una certa fretta, stai tranquilla, ma muoviti”
“Spostiamo il tavolo in salotto!”
“Sì, ora mi metto a traslocare. Mannò!”
“Allora mangiamo in terra coi cuscini come in Giappone. Tanto c’è il riso!”
“Sììììì!!!Con le bacchetteeee!!” dice giustamente la figlia.
“Seeee in terra!Dai mangiamo in cucina, la tele è più piccola ma la vediamo ugualmente”
“Mamma, ma anche te guardi la partita?”
“Certo!”
“Ma mamma!Però anche teeee!!!Ma non le guardi mai!E io che faccio se voi guardate la partita? A me non mi garba!” sbotta giustamente la figlia.
“Intanto mangiamo poi se ne parla.Vè vè c’è l’inno!”
“Ma mam…”
“Non si parla quando c’è l’inno. Mettiti una mano sul cuore, forza. Il cuore ho detto, lì c’è la milza…”
Abbiamo visto l’inizio della partita in cucina al televisore più piccolo. Ora. Già sono un po’ orba (ve l’ho mai detto che sono pure un po’ miope e mi hanno dato gli occhiali?Giusto per avere anche questa), abituata a quella in salotto questa tele mi sembra una scatolina e tra me e lei c’è pure un po’ troppa distanza. Praticamente sono stata un quarto d’ora con gli occhi incollati alla tivù. Mi lacrimavano dallo sforzo.
“Mamma mi passi l’acqua?”
Le ho passato i tovaglioli.
“Simo mi allunghi il sale?”
Evvai con il pane.
“Simo, ho detto il sale”
“Uh scusa!”
Gli ho passato l’olio.
Dopo aver inghiottito il riso a manciate da mezzo chilo, ci siamo spostati, stile transumanza, sul divano. Alice ha optato per il lunedì del pensionato. Si è messa davanti al mobile del salotto e ha cominciato a leggere, disegnare,colorare, fare le parole crociate e due rebus.
Io e Andrea sul divano. Lui perfettamente rilassato, io che mi ero già mangiata la prima falange.
Poi, vista l’agitazione, ci siamo messi seduti in terra per essere più vicini allo schermo e abbiamo cominciato a toglierci le scarpe, ad allentarci i pantaloni, a sbracarsi un attimo. Ci mancava il birrozzo e il rutto libero e sembravamo due clienti abituali del bar ‘Il Trucido’.
Però vi devo fare una confidenza. Alcuni giocatori dell’Italia li conoscevo. Altri no. Parecchio no. Non so nemmeno dove giocano. Però son bravi. E come mi distraggo dal vero, mi distraggo anche a casa. Quindi, in pieno delirio antisportivo:
-mi è venuto in mente un film:Fuga da Alcaraz
-ho scambiato un personaggio con un altro: “Questo lo conosco! Dove giocava?Il nome l’ho già sentito…aspè…Santana…Santana…Carlos Santana!Ma giocava nella Sampdoria?”
-e fatto battute idiote: “Riveros? Gianni Riveros? Avrà un futuro!”
Non ho le qualità e la preparazione per dire se l’Italia ha giocato bene o male, dico solo che mi sono alzata per andare in bagno e proprio in quel momento De Rossi ha fatto goal. Non l’ho visto manco in diretta. “Tesoro, hai portato bene!Ri-vai in bagno!”
A tal proposito ho bevuto altri 10 litri d’acqua, ma a parte gonfiarmi come una zampogna, non c’è stato verso di fare altra plin plin. Cosa non si fa per la nazionale.
In confidenza vi devo rivelare che non riesco a pronunciare bene il nome di quelle simpatiche trombette (le vuvuzelas) e per me sono e rimarranno sempre le Venezuela.
E che mi piace proprio tanto il Waka Waka di Shakira e siccome ci tengo alla vostra salute vi consiglio di non provare a fare le mosse del balletto a meno che non siate molto in forma. C’ho provato io e manca poco mi parte il femore.
Comunque dell’Italia mi è piaciuta la grinta di Pepe (evito, ma certo è che me le servono su un piatto d’argento con ‘sti nomi), l’esultanza di De Rossi, i capelli di Marchetti, lo sputo con triplo carpiato di Marchisio e come mastica il chewingum Gattuso in panchina.
Anche il Paraguay mi è piaciuto in una cosa. Lui:

Si chiama Santa Cruz. Per me, Santo Subito.

lunedì 14 giugno 2010

GLI UOMINI PREFERISCONO LE BION...LE DOCCE





Che rapporto avete con il bagno?La stanza da bagno, intendo. E di quale categoria fate parte?

Queli del gruppo A di ‘Abbiamo un bagno solo’.

O quelli del gruppo B di ‘Beati noi che abbiamo due bagni’ ?

Noi facciamo parte del gruppo A. Uno solo, bellino, celestino, con tante conchiglie e la tendina ricamata da me. Ma ci basta. Ci si fa bastare. Siamo una famiglia che ottimizza i tempi. Facciamo i turni come alla Coop.

6.45-7.15 Andrea

7.15-7.45 Simona

7.45- 8.10 Alice

Se hai bisogno di un permesso o di un cambio di turno devi chiedere ai colleghi.

Mia mamma invece ne ha due. Uno su e uno giù. Quello bello che ‘Non me lo sporcare che se arriva gente…’ e quello di servizio dove puoi anche giocarci a gavettoni. Ovvio che quello di servizio è quello al piano di sopra. Non vi dico i muscoli delle cosce di babbo. Sembra Rummenigge ai tempi d’oro.

Due bagni, due pulizie. E a tal proposito avrei una domanda seria da farvi: ma a voi, dico, quanto dura il bagno pulito e in ordine?

No perché in casa nostra il tempo massimo per vederlo immacolato, oscilla tra i dieci minuti e il quarto d’ora. Non un secondo di più.

Che non ti venga in mente di mettere l’anatraviccì nel water. Sei pazza? Quella roba lì, deve stare in posa sulla parete del water, almeno tre ore, come una seduta dal parrucchiere. E invece? Sicuramente a un componente della tua famiglia scapperà sicuramente qualcosa e nel novanta per cento dei casi è quella grossa. Nemmeno il tempo di fare QUACK! Che la povera anatra Viccì è già bella sparita nel buco. E’ il caso di dire che fa proprio una vita di merda.

Hai appena passato lo straccio? Male! E che l’hai passato a fare? Il tempo di mettere il bastone dello spazzolone di traverso come un passaggio a livello sbilenco, che un componente della tua famiglia avrà un bisogno impellente, urgente, e importantissimo: prendere un cotton fioc.

Hai appena pulito lo specchio? E ma non ci siamo, figlia mia!Hai sbagliato di nuovo.Ma non lo sai che tua figlia andrà a lavarsi i denti e maledirai il giorno in cui le hai detto “Spazzola per bene i dentini. Brava. No, non così. Da dentro a fuori. Brava!”

Ecco. Sullo specchio adesso c’è una nevicata che quella che ha fatto a Courmayeur l’ultimo dell’anno, in confronto è uno sputo di grillo.

Quindi io lo so. E’ una guerra persa. Poi c’è una questione che io non riesco a risolvere. Faccio tutte le stanze e per ultimo lascio il bagno.Okay? Okay.

Sono fradicia di sudore e l’ascella emana un odore che sembra un arbre magic al mango e papaia lasciato nella borsa frigo del mare, dall’anno precedente. Okay? Okay.

Lucido il bagno, smontando pure tutti i rubinetti e mettendoli a mollo con aceto e viacal, e in un impeto di pazzia lucido a mano pure il tappino del dentifricio e per essere la migliore lavo a mano pure il tappetino. Massì!Chi so’ io? La meglio! Okay? Okay.

Che vuoi fà, dopo tre ore così? Ma fatti la doccia, Simo!

Allora, avevo fatto anche la vasca e la parete doccia. Che faccio? Mi lavo nel catino?Ennò! Vado in doccia e risporco e ribagno ciò che avevo lucidato due secondi fa. Poi esco, mi pettino e mi asciugo i capelli, e qui vuoi che i capelli non volino un po’ dappertutto? E si vanno a spalmare un po’ sul lavandino e un po’ sul mobiletto.

Potrei essere furba. Fare tutte le stanze, farmi la doccia e lasciare per ultimo il bagno. E che non c’ho provato? L’ho fatto, e alla fine della pulitura del bagno ero da fare la doccia nartra volta. E il classico gatto che si morde la coda.

Comunque a noi il bagno piace. Ci ispira parecchio. E’ diventato un luogo di scambio e di idee. Spesso sembriamo tre opinionisti a L’Italia sul 2. Non avete idea di quante belle chiacchere ci siamo fatti in bagno.

Alice in vasca (che fa il bagno con la maschera del mare) e io seduta sul cesso. Chiuso. In quei momenti di massima intimità è arrivata a raccontarmi i suoi segreti più intimi. Tipo quando ha attaccato una caccolina sotto la sedia della zia Evarista.

Andrea in doccia e io seduta sul cesso. Spesso in questo frangente ci abbiamo preso le decisioni più importanti, tipo: “Che si magna stasera?”

Oppure Andrea che si fa la barba e io seduta, dove? Bravi. Sul cesso. Evidentemente è quello il mio posto Poi arriva Alice e si mette sul bidet. Il bagno attira, c’è poco da fare. E stiamo lì a parlottare e manco ci rendiamo conto che siamo in tre in sette metri quadrati. E con la porta spalancata perché, da quando c’è Alice, la porta del bagno è un’optional.

Vasca o doccia? Altro dilemma. Io sono cresciuta in una casa solo con la doccia e ho sempre sognato la vasca. Bella grande, con le bollicine e dopo gli anni novanta la mia voglia di vasca è stata ancora più forte perché volevo farmi un bagno caldo cantando Kiss come Julia Roberts in Pretty Woman.

Il mio Richard Gere invece è cresciuto in una casa con solo la vasca e ha sempre sognato la doccia.

La vita per lui non è stata facile.

Primo:è quasi un metro e novanta e in una vasca normale non c’entra tanto bene. O si deve piegare come un Abbagnale nella due con, o rimane col busto tutto fuori. Come lo pieghi o lo giri non c’è verso che stia immerso a modino. E’ come se tu volessi mettere un tacchino vivo in una pentola. Come si fa.

Secondo: avete mai provato a fare la doccia in una vasca che non è predisposta per tale cosa? Avete provato a farlo sotto la vigilanza di mia suocera, di piantone alla porta del bagno come un cecchino?

Hai voglia di tirare la tendina di nylon a pois, un uomo di questa stazza, anche se bravo, un po’ di bagnatino lo fa. Lo fa.

Quando c’è stato bisogno di decidere per l’arredamento del bagno, ognuno di noi perorava la sua causa.

“Voglio la vasca!”

“Mannò, Simo.La doccia!E’ più comoda!”

“Obiezione! Non sono ammessi pensieri personali!La vasca è meglio. E’ più comoda per fare il bagnetto alla bimba”

“Obiezione! Questo è un colpo basso!Che non venga messa agli atti l’ultima dichiarazione!”

Ma io avevo l’asso nella manica e quando ho fatto l’arringa, la giuria era in delirio.

“Vi faccio solo riflettere un attimo, signori della corte: Con la doccia, puoi fare un bagno? Certo che no. A meno che tu non ti lavi un pezzettino alla volta nella bacinella dei panni. Con la vasca, puoi fare la doccia? Certamente. Posso scendere al compromesso di acquistare una vasca con cabina-doccia!Questo è tutto, l’udienza è tolta!”

Infatti abbiamo optato per una vasca-cabino-doccia- con tanto di specchio incorporato. Lì per lì c’è sembrata pure una figata, ora guardarci mentre facciamo la doccia è un filino terrificante. Ma tant’è.

Lui è felice (che sì ha ragione, la doccia è più comoda, poi un uomo è più pratico, a mollo non ci sa stare, va di fretta e più che altro non deve aspettare i 15 minuti della maschera per i capelli)

Io sono felice (il mercoledì, soprattutto d’inverno, guai a chi mi tocca il mio bagno rigenerante con olii essenziali e sali profumati. Con l’acqua a 56 gradi se ci metti pure una cipolla ci vien fuori un bollito di simo da leccarsi i baffi.)

Alice è felice (perché lei si mette la maschera, si fa quella quindicina di vasche che lo sport fa sempre bene, e prendendo le Barbie (bagnata fradicia) per le gambe, benedice la stanza coi capelli della suddetta)

Che poi se mentre le altre stanze possono restare invariate più o meno per anni, il bagno assume delle modifiche. Non tanto nell’arredamento (a meno che non vogliate cambiare le piastrelle e metterle dorate come quelle nello yacht di Briatore), ma per i prodotti che mettiamo nell’armadietto o in bella mostra. Proprio l’altro giorno ho messo in ordine le medicine, e ho scoperto con piacere che me ne sono scadute tre! Segno che non mi son servite.

E qui mi son messa a pensare quanto sia cambiata negli anni la scatola con i medicinali. Perché quando eravamo solo una coppia, era un conto (giovani, belli, e in forma) con Alice piccolina era un altro (i primi tempi la mamma è un tipetto un po’ ansioso)e adesso un altro ancora (eh sì, stiamo invecchiando…Dio, sembro mia madre!)

Due esempi?

-Scatola dei medicinali-

Coppia:

Preservativi, pillola, aspirina,un termometro,assorbenti interni, salvaslip per tanga.

Neo genitori:

Goccine per naso, goccine per orecchie, goccine per occhi arrossati,goccine per dormire, goccine anti colichette,goccine anti istinto omicidia della madre, soluzione fisiologica per lavaggi nasino,antibiotici,pomata per il culetto, pomata per le punture di insetto, pomata per il rossore in generale,olio jhonson, cortisone (perché un po’ di asma non la vuoi avere?), broncodilatatori misti, spray per l’allergia, spray per il nasetto, cerotti di Titti, cerotti Disney, cerotti di Monster e C., supposte per la febbre, supposte per il vomito, supposte per diarrea(trova l’errore),supposte per quando è stitico, supposte colorate che non servono perché il tuo pupo (strano!) caca normale, ma per sentirti uguale alle altre ogni tanto gli spari una supposta di zucchero colorato, termometro al mercurio, termometro che si mette all’orecchio, termometro per il bagnetto,sciroppo per tosse secca, sciroppo per tosse grassa,sciroppo per checcazoneso, disinfettante che non brucia, quello che brucia, acqua ossigenata, bende di tutte le forme e dimensioni chenonsisamai,siringhe tantevoltese, vitamine, ampollina tiramoccio, e bustine granulari al sapore di arancia per gli attacchi di acetone.

Adesso:

Prodotto per i pidocchi (perché prevenire è meglio che curare) Fastum gel (per curare quello che ti procuri in palestra quando non c’hai il fisico),prodotti al mirtillo per i capillari deboli,antidolorifici per dolori di varia natura (che può andare dal semplice mal di testa al dolore del gomito del tennista. Il bello è che non abbiamo mai giocato a tennis),pastiglie per il mal di denti, pastiglie per la sciatica, pastiglie per l’artrosi all’anca, carboni attivi per l’aerofagia,pillole antinvecchiamento, pillole per la memoria, pillole per i capelli e le unghie, pillole per l’emicrania,test per scoprire il grado di ingiallimento dei tuoi denti, prodotti vari di emergenza (tipo il kit completo di restauro se ti parte la capsula il 15 d’agosto), ah, dimenticavo,assorbenti da notte spessi un dito. Un dito messo in verticale.

Sul mobiletto o sulla mensolina in bella vista:

Prima:

Crema idratante per lei

Dopobarba per lui. Stop.

Dopo:

Sulla mensola più bassa:

spazzolino delle Winks, dentifricio di Patty, shampoo delle Principesse, bagnoschiuma High school musical, profumo di Barbie e lozione brillantinosa di Trilly.

Su quella più alta:

Crema antirughe,crema antiinvecchiamento precoce, crema anticellulite, crema antismagliature, anticedimento e antismottamento, fanghi di alghe del mar morto,del mar nero e dell’oceano indiano, lozione esfoliante, quella rassodante e quella tonificante, crema da giorno, da pomeriggio, da sera, da notte, gel contorno occhi, crema per il collo, decolleté (ah ah ah!), crema autoabbronzante, crema per i piedi, bagnoschiuma delicato, shampoo per capelli secchi, anticaduta, antiforfora, anticrespo, antitutto (si può avere un miracolo?)

Per non parlare del mistero delle forbicine scomparse ( giuro caro, erano qui fino a un attimo fa), degli elastici per i capelli che secondo me migrano dalla finestra come le rondini, e della spazzola per i capelli che la trovi da tutte le parti tranne che nel cassetto.

L’ultima volta pare sia stata vista sull’altalena in giardino.

Comunque sappiate, cari i miei doccisti o vascari, che per quanto mi riguarda, da qui a tenere un bicchiere sul mobiletto per la dentiera, il passo è breve.

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