giovedì 26 luglio 2012

Io me lo sentivo






                                                                     Foto: sempremamma.com


In genere sto discorso viene fuori quando tra donne parliamo di quanto tempo ci abbiamo impiegato per rimanere incinte. C'è chi è una bomba, prima botta e tho!Fagiolino.Io, figuriamoci.
E quando dico “La prima volta quattro mesi, la seconda cinque”, le donne mi guardano un po' così, fanno mente locale che ho avuto due gravidanze ma una figlia sola.I conti non tornano, nemmeno se prendi una calcolatrice.Evabbè. Capita. Ed è capitato pure a me.
Ma io me lo sentivo. Non so come spiegarlo, ma me lo sentivo. Sentivo che non avrei portato avanti questo bambino. Son quelle cose che senti dentro, di pancia. Ovvio, di pancia. Una gravidanza cercata e voluta, ma oh, sentivo che c'era qualcosa che non andava, anche se tutto filava liscio. Fisicamente ero al top, fogli medici alla mano che urlavano quanto stessi bene, ma io me lo sentivo.
Avvertivo una sensazione strana, come se il mio fisico non fosse pronto. Come se la mia mente e la nostra voglia di avere un bambino, avesse messo fretta al mio corpo. Non riuscivo a godermi niente della gravidanza, perché sapevo che non sarebbe stata la volta buona, io mi sentivo strana, cazzo. E vallo a spiegare ai medici di queste sensazioni, ti prendono per scema, sai?
Che poi, ho avuto anche poco tempo per abituarmi all'idea. E in quel poco tempo avevo delle accortezze. Troppe. Esagerate. Come se lui/lei fosse attaccato al mio grembo con una puntina di scotch e si potesse staccare da un momento all'altro. Ma me lo sentivo che era poco stabile, per quello andavo al lavoro a piedi, evitavo di dirlo, e non riuscivo a gioire quando i pochi che lo sapevano mi facevano le congratulazioni.
Infatti mica sbagliavo. Dovevo fare la maga nella vita.O la sensitiva, pensa che successo.
E ho avuto anche un primato fantastico: penso di essere una delle poche, se non l'unica, che perde un figlio il giorno dell'anniversario di nozze. Ma quanto sono brava? Non ce n'è.
Avvisaglie poche, di poco conto diciamo. Mi dicono che è normale vedere un po' di sangue i primi tempi, soprattutto alla scadenza del mese. I “E' successo anche a mia figlia quando aspettava Giacomino” e “Capirai!Io i primi tempi ho avuto perdite per tutti i miei tre figli!” si sprecano.
Ma magari sangue vivo tipo mestruazione, non è normale.
Mamma al telefono mi dice “Preparati, vengo a prenderti con babbo e ti porto all'ospedale”
Di mamma mi fido. Lei ha avuto tre gravidanze e due figli. Mi viene il sospetto che tale madre, tale figlia. Chiamo Andrea, ma non lo allarmo. Gli dico che vado a fare un controllino. Anche se dentro di me dico “Un controllino una beata minchia”.
Lui dice “Vengo anch'io”
Io dico “Mannò!Cosa vuoi che sia. Se c'è qualcosa ti chiamo. Stai tranquillo” e vorrei aggiungere “Vuoi che non sappia tenere il tuo bimbo? Eh. Figurati”
All'ospedale mi trattano come se fossi una farfallina delicata, che se mi tocchi troppo le ali, poi non volo più. Chissà quante farfalline vedono. Mi fanno stendere piano e mi visitano.
Mamma ha già capito tutto.
Io prima di lei.
I dottori prima che varcassi la soglia. Perché in quel momento, con quei sintomi, sei un numero, l'ennesimo. E la possibilità che vada tutto bene è così remota che guarda, non te lo sto nemmeno a spiegà. E infatti non va. La dottoressa però guarda il monitor e non mi dice niente, ma io so già tutto, che mi deve dire?
Poi mi dice che mi ricovera, che vediamo un attimo, che stiamo a vedere che succede, che lì sono in buone mani. Ma non mi dice Va bene. Non mi rassicura, non mi fa vedere il monitor.
E mi ficcano in un letto.
E da quel letto chiamo Andrea,che mi risponde già un po' abbacchiato, un po' così.
“Chiama il ristorante. Niente cena, mi ricoverano. Mi dispiace”
“Fanculo il ristorante. Sto arrivando”
E rimango in quel letto ad aspettare chissà chi e chissà cosa. Mamma è andata a prendermi i panni e sono in mezzo a due con la pancia. Che belle le loro pance. Anche loro sono belle, anche se mi guardano un po' così, come se gli facessi pena. Pena di che, oh! Tanto lo so che questa volta non riuscirò ad avere la pancia grossa come la loro, quindi è inutile fare quelle facce.Lo so. L'ho sempre saputo, quindi sono preparata. E però mi sente. Ora mi sente. Ho dei dolori un po' forti, tipo quelli mestruali. E qui non passa un cazzo di nessuno. E poi mi scappa la pipì. Un po' la trattengo, ma poi non ce la faccio più. Non mi hanno detto 'stai ferma e non ti muovere'. Mi hanno detto “Stiamo a vedere” E quindi mi alzo e vado in bagno, da sola, perché in fondo, a parte dei dolori alla pancia, io sto bene.
Magari fossi stata male, non lucida, così non mi sarei accorta di perdere il bambino nel cesso.
Così. Pluff! Un tuffo di roba rossa nell'acqua ristagnante del wc. Un'emorragia, copiosa, strana, scura ed estranea, perfino per il mio corpo.
No no no. C'è proprio qualcosa che non va. Dov'era tutta sta roba? Come fa a esserci rimasto qualcosa nel mio grembo, ora?
Trovo qualcosa perfino sulla carta igienica che non ho voluto identificare. Oibò.
I dolori alla pancia, ad essere onesta, adesso non ci sono più. Almeno non così forti.
Me ne torno a letto e dopo un'ora mi prendo pure un cazziatone dall'infermiera quando le dico che ho perso un sacco di roba nel water. Non è che ci fosse qualcosa da salvare, per carità era già tutto morto e tutto fermo da chissà quanti giorni. Però magari 'Potevamo capire perché è successo'.
Eh. Perché è successo? E che ne so. Mi dicono che il primo figlio lo perdono un sacco di donne, che succede a centinaia e centinaia di ragazze, che non c'è un motivo, che succede alle donne in salute e giovani come me, che succede anche a chi ha tutte le premure fin dai primi giorni. Che succede e basta. E figurati se non succede a me. Figurati se io rimango indietro. Figurati se io non lo perdo da sola rinchiusa in bagno. Figurati se a me non cade tutto nel wc.
E mi dicono di aspettare. Ancora. Andrea è qui, un po' bianchino. Gli racconto di cosa mi è successo e diventa ancora più bianchino. Mi chiede di continuo come sto e che l'importante è che io mi riprenda presto. Che un anniversario in ospedale è molto romantico. Sono una donna che sa sorprendere, io. Poi arrivano i camici bianchi. Mi fanno un'altra ecografia e come volevasi dimostrare la mia pancia ora è sgombra come un parcheggio dell'Iper di notte. Non c'è più nulla. Nulla.
E' tutto di là, in fondo al corridoio sulla destra, dietro la porta dove c'è disegnata la donnina con la gonna.
E però non mi mandano via, mi trattengono e mi danno delle pillole e altri medicinali. Blèè.Forse domani mi ripuliscono. Mamma dice che è un po' fastidioso ma si sopporta. Ma io so che non serve. Non serve che mi raschino via tutto, sant'iddio ma hanno presente quanta roba ho perso? Lo ripeto mille volte e sono così convincente che un ginecologo parla con me, si fa raccontare tutto, prende la mia cartella, cambia la cura e mi rassicura “Se posso, il raschiamento te lo evito. Meno ci traffichiamo lì dentro, meglio è. Vediamo domani” Bravo, infatti. Se ti dico che non c'ho più nulla, non c'ho più nulla. Le ore che sono seguite però son state strane. Quei simpaticoni di ginecologia della mia città fanno un pout pourrì. Mettono chi ha abortito, insieme a chi ha partorito. Na roba ganza, che fa bene. Tipo in camera eravamo cinque. Tutte col pancione tranne io. Poi sono arrivati i fiocchi rosa e i fiocchi azzurri, tranne i miei, ovvio. No, ma io non stavo male. Io me lo sentivo, ero preparata, quindi no problem. Però mica è giusto che quella accanto a me si senta una merda a gioire della sua bella bambina e che sia costretta a obbligare i parenti a trattenersi dal festeggiare tanto, perché aveva accanto me. Che poverina. Poverina un cazzo. Io di figli ne faccio quanti ne voglio. Ora è andata così, il mio fisico non era pronto, ma lo sarà. Quindi tranquilli, festeggiate pure. Io son contenta per voi. Meglio così che magari essere messa insieme a tutte quelle che il bambino l'hanno perso. Te lo immagini? No no no, meglio così. Vedervi felici coi pupotti mi dà la spinta per riprovarci, subito, appena possibile, più forte che mai. Te sei mamma? Un attimo, mi riprendo e lo sarò anch'io. Quindi niente lacrime, niente drammi, anzi risate, quando Andrea mi diceva “Appena ci danno il via, facciamo le Olimpiadi!”
E il via me l'hanno dato quasi subito. Perché avevo ragione io e il ginecologo nuovo. Ho fatto tutto da me, mi sono ripulita che è una bellezza, tipo con lo scopettone e il viakal. Una grande, grandissima, copiosissima mestruazione, con un esserino già morto da un giorno, forse due, che se n'è andato lasciandomi pochi strascichi come a dire “Non sono pronto, me ne vado cercando di dare meno fastidio possibile” E così è stato.
E ha lasciato solo un ricordo vago, sentito, un po' brutto, ma che non ricordo con orrore. Evidentemente io non ero pronta, lui/lei nemmeno. E' stato bello finché è durato.
Anzi no, non è stato nemmeno troppo bello.
Perché io me lo sentivo.






domenica 22 luglio 2012

Le quattro dell'Ave Maria







E' iniziato tutto con un sms.La mia amica Barbara mi propone un concerto, precisamente dei Buena Vista Social Club. Musica cubana. Che io conosco bene come mia madre può conoscere le coreografie di Lady Gaga. Ma conosco bene il gruppo che apre il loro concerto: I Delirememami, il gruppo di mio fratello. Quindi decidiamo di andarci a sentire sti due gruppi. Lei non conosce una cippa lippa dei primi e io dei secondi. Un'accoppiata vincente!Tanto per non sembrare due comari di Villa Arzilla nel loro giorno di libera uscita, decidiamo di portarci due ggggiovani con noi, due minorenni per giunta: La Secca (indovinate chi è?) e La Bionda, che accolgono tutto questo con entusiasmo:
“Ma chi sono sti gruppi?”
“Ma quanto dura il concerto?”
“Ma dobbiamo pagà anche noi?”
I mariti, quando gli abbiamo proposto la seratina musicale, hanno rifiutato con molto dispiacere. Molto. Uno ha improvvisato una gastroenterite fulminante, l'altro si è rinchiuso in ufficio ricoprendosi di scartoffie (false) mormorando “Davvero Barbara, non ce la faccio. Guarda quanto devo lavorare, guarda” e la scrivania era sgombra come un corridoio di un supermercato il 15 d'Agosto.
Evabbè. Ma noi andiamo ugualmente. Sarà la nostra serata di sole donne, sììììììììììì!!!!Gli uomini non servono in questi casi, cioè possiamo tranquillamente andare da sole per il mondo, certo! Eccheccevò?
“Te lo sai dov'è il posto di preciso?”
“Chi, io? No!”
“Manco io. Aspè che chiedo ai parenti”...
“Aspè che chiedo a mio fratello”...
“ Più o meno ho capito”
“Anch'io ho capito. Forse. Quasi” A dire il vero la spiegazione di mio fratello sembrava la supercazzola con scappellamento a destra. Non c'ho capito una beata fava. Ma tra lui che si spiega male e io che non capisco, ho avuto il coraggio di prendermi anche due appunti. Chiarissimi.
Prima della chiesa girare a destra- poi sinistra- poi la prima a destra-proseguire avanti-forse trovi il prete- chiedi a lui- prosegui dritto lasciandoti la chiesa a sinistra- fatti il segno della croce e dì un' Ave Maria, segui l'argine- attenta all'Arno-gira destra- poi a sinistra e forse ci sei. Se trovi una con la bandana del Che chiedi a lei: è la perpetua.
Che poi far fare sta musica vicino a una chiesa è da coraggiosi, ma vabbè. Applausi al sindaco.
Insomma siamo partite troppo convinte e seguendo più o meno le indicazioni (leggasi: andare a cazzo di cane) abbiamo trovato il posto. E pure parcheggio!
Pensiamo di essere arrivate in ritardo, invece siamo quasi in anticipo. Approfittiamo per prendere il gelato a La Bionda e la cosa è stata così veloce che il barista è sempre lì che aspetta. Manco dovesse decidere del suo futuro e a disposizione c'erano solo 5 gelati. Manca poco gli chiede anche gli ingredienti. Mentre i Delirememami provavano i microfoni, la coppia delle dodicenni ha trovato un passatempo innocuo e bellissimo: si sono messe a fare le ombre cinesi...sui vestiti della gente!Ma si può? e le dovevate sentì "Vieni qua, che questa c'ha i pantaloni chiari!Vè vè come vengono bene qua!"
"Tho!Ti faccio il cigno!"
"Mo' ti faccio il coniglio!"
"Speriamo che sta tizia non si muova che così ci facciamo lo zoo!"



Prima dell'arrivo del 113, che ci avrebbe denunciato per detenzione di dodicenni moleste, finalmente il gruppo di mio fratello attacca a suonare e si può dire che la serata ha inizio. Io, che le canzoni un po' le conosco, balletto sui piedi, La Secca continua a dire “Vedi quello là alla batteria? E' il mio tato!”, La Bionda, mangiato il gelato, si scola una bottiglietta d'acqua come se non ci fosse un domani, e Barbara mi illustra tutti i prodigi del suo telefonino che io, ovviamente, non ho capito. Lei, quella sera, col cellulare ha: fotografato, filmato, registrato, messo in onda, ascoltato musica extra, fatto la doccia, scaldato una piadina e anche telefonato.E' tecnologica, c'è poco da fare.Però con tutto sto smanettamento le è venuta sete e scoprendo che La Bionda aveva finito pure la sua acqua (ma quanto beve sta ragazzina?) si è diretta di nuovo al bar. E qui, l'apoteosi.
Torna dopo cinque minuti tutta stranamente eccitata e mi fa:
“Simo, non ci crederai!”
“Ti ha detto 'Ti riconosco.Tu sei la mamma della bambina indecisa?'”
“No, scema. Mi ha regalato l'acqua!”
“Come, ti ha regalato l'acqua?”
“Giuro. Gli ho detto 'Quant'è?' e lui mi ha detto 'Niente niente, vai...'”
“Ma come te l'ha detto?”
“Mi ha sorriso...cioè è stato carino...gentile...”
“L'hai beccato!Hai affascinato il barista, ti ha regalato l'acqua!Nuooooooo!!Bella mandrapponaaaaa!!”
“Ma dai non può essere!E'...è...più giovane di me!Perchè mi ha regalato l'acqua?”
“Perché sei carina, gli sei piaciuta e te l'ha regalata. Ao!Facciamo faville!I mariti hanno da tremà!auhauhahhhahhah!!!Minimo se ci torni ti regala il gelato e ti offre il caffè!”
“Ma davvero!”
“Io proverei a chiedergli un gioiello o un paio di scarpe!Se l'hai ammaliato non si sa mai!”
“Huhahhahhahhahha!!!”
e come ce la ridiamo. Qua si esce da sole e troviamo chi ci offre da bere. WoW! Fantastico!fa bene all'autostima, no?
No. Non fa bene. Perché abbiamo scoperto più tardi che la consumazione era inclusa nel prezzo del biglietto. Altro che abbordaggio del barista. Smistavano da bere gratis a cani e porci.
E rincoglionite.
Finita la performance dei miei ragazzi arrivano i cubani, che a me sembravano un misto tra i Gipsy King e i Neri per caso, ma si sa io mi intendo di musica come mio padre di uncinetto, quindi capitemi. E lì si è scatenato l'inferno. Sembrava di essere nei peggiori bar de Caracas. Chi si fumava il sigaro, chi si fumava una cicca dall'aria dubbia e chi si era fumato il cervello, come quella tipa col vestito di sangallo con la pamela e gli occhiali da sole che sculettava che manco Shakira. Alle 23.00 con la pamela e gli occhiali da sole. Quando una pensa di essere a Cuba non ce n'è. Hai voglia di dirle che siamo in una stradina poco lontano da una chiesa in Toscana, non ci crederà mai. L'autosuggestione in questi casi è fortissima.
Abbiamo anche ballato un po' questi ritmi cubani e avvolgenti facendo fare le piroette a La Bionda e La Secca che tempo mezz'ora sono crollate sul prato come delle capre prese in pieno da un'insolazione. Visto che la mattina la sveglia suonava presto per tutte, abbiamo abbandonato il peggior bar de Caracas quando il fumo, il casino e la musica era sempre in circolo. Ci siamo avviate al parcheggio brancolando nel buio come quattro 'mbriache orbe scortate da un povero disgraziato con la torcia che ha avuto pietà di noi.
Le pivelle, le ggggiovani, le squinzie si sono spalmate sui sedili posteriori con tanto di rivolo di bava all'angolo della bocca e russamento generale.
Le senior invece hanno parlato di musica. Cioè una ha parlato di musica, l'altra ascoltava e ogni tanto faceva di sì con la testa come i cagnetti sul cruscotto negli anni '80.
E a proposito di anni '80 ho raccontato di quando mi portavano a vedere i concerti e non chiedetemi come mai non me ne intendo. Io non mi intendo di musica perché mi perdo nei dettagli.
Quando, alla fine degli anni '70, mi portarono al concerto di Renato Zero, io rimasi folgorata da tutte quelle paillettes, piume e vestiti stravanganti. E mi dissi “Sto tizio è troppo ganzo!In tre secondi si cambia d'abito, è un uomo ma si trucca come una donna e c'ha i tacchi. Farà strada!”
Cioè, non ci capirò una mazza, ma voglio dì, avevo ragione o no?
E voi, che concertini avete visto o avete in programma per questa estate?
Io mi son persa Nora Jones a Lucca e son sempre qui che mi mangio i gomitiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!

venerdì 13 luglio 2012

A tutto c'è un...


“Guadda?Guadda bello il mio vettito?”
“Bello!Fai un po' una giravolta?”
Swuifffff!!!
“Và che bello!”
“Vitto?”
“Ho visto sì!”
“Martina, non disturbare la signora, vieni qua”
“Pecché te non hai il vettito?”
“Perché per stare qui son più comodi i pantaloni”
“Pecché?”
“Perché mi muovo meglio”
“Pecché c'hai tutto il trucco?”
“Perché siamo in un negozio ed è giusto che io sia un po' in ordine.Ti piace?”
“Sì. Io mi trucco a cannevale. E pecché c'hai gli orecchini così?”
“Così come?”
“Tutti così. Conlettelline”
“Perché mi piacciono. Non li trovi belli?”
“Sì”
“Martinaaaaaaa. Vieni, ma non lo vedi che la signora ha da fare?”
“E pecchè c'hai il braccialetto al piede?”
“Eh!Perché? Perché...perché sono avanti!Ahahahahha!!No, vabbè.Scherzavo”
“Nonhoccapito”
“C'è una baby sitter in sala? Ahahahha!!Ma come sei bellina!”
“Pecché c'hai il braccialetto proprio lì?”
“(Marò) Perché...perché...”
Perché la signora è grande e quindi può metterlo (mi scusi ma se non le dico così domani lo vuole anche lei il braccialetto al piede). Capito Martina?”
Lei tace. Ce l'abbiamo fatta!Sìììììììììììì!!La BimbaPecchè ha finito!
“Sì, ecco, sono grande. Quando avrai vent'anni anche te potrai mettere il braccialetto al piede.Anche se io in verità ne ho il doppio e quindi ne dovrei mettere due...”
“Pecché non ce n'hai due?”

 A volte mi piglierei a schiaffi da sola.






mercoledì 11 luglio 2012

Tema: la mia marmellata. Svolgimento:


HO FATTO LA MARMELLATAAAAAA!!!!!
No, aspè, troppo entusiasmo.
Ho fatto la marmellata.
Madò, troppo fiacca per una cosa che mi rende fierissima di me.
Ho fatto la marmellata!!
Ecco, così potrebbe andare.
Vi rendete conto? Io ho 39 anni e non avevo mai e dico mai fatto una cosa semplice e banale come la marmellata.
Semplice un par di albicocche! No ma è facile. Ma partiamo dall'inizio. Noi in giardino abbiamo un albero di albicocco.


Non c'abbiamo un frutteto, abbiamo solo lui e due ciliegi infingardi che quest'anno m'hanno fatto solo una ciliegina (bella per carità) che ci siamo divisi in tre dalla gioia. Poi basta. Ma l'albicocco ha dato abbestia.Ed è esploso tutto insieme, come solo gli alberi da frutta sanno fare. E sono albicocche molto genuine, eh? Il Santo non ci mette nulla nulla, lo nutre solo molto bene, dosa l'acqua col bilancino e gli fa pure due coccole.E loro vengan su che è una bellezza, tutte naturali. Dopo averci fatto anche il bagno e aver accontentato un po' tutto il parentado, lui, l'albicocchino nostro, continuava ad avere delle palle così attaccate ai rami e l'unica cosa (per non buttare via tutto) era di farci la marmellata.
Allora ho chiesto informazioni a mamma che mi ha detto “Fai così, poi così, poi così e queste dosi così”
Mia zia, saputo dell'impresa, mi ha detto “Fai cosà, poi cosà, poi cosà e queste dosi cosà”
In due mi avessero azzeccato una cosa uguale. Quindi mi affido a Internet, blog di cucina, FB, siti e ci mancavano le previsioni meteo e le avevo fatte tutte.
Il procedimento è semplice, azzeccare le dosi anche no. Ci sono moltissime opzioni e io mi affido solo a una cosa: il mio istinto. Faccio le dosi con la bilancia, i pesi, due bacinelle, travaso la frutta e zucchero e alla fine cerco di trovare il mio gusto. In poche parole: non saprei darvi la percentuale di zucchero. Vi dico solo che la prima volta erano 1 kg e 126 gr  di frutta e ho messo gr 376 di zucchero, così, a cazzo di cane. Ora ditemi voi come si fa a calcolare. Come si fa.
La seconda volta l'ho fatta di pesche (regalatemi dal vicino di casa di mamma che ne ha un campo) ed erano gr 954 di frutta e ho messo 289 gr di zucchero, sempre secondo il metodo Cazzum.

Allora: non ci crederete. Sono venute uno spettacolo!!!A me le cose mi vengono bene per culo, non ce n'è. Non c'ho tecnica e metodo e non ce l'avrò mai.
Che poi, tutti a darmi i consigli, ma tutti, e nessuno a dirmi che quando ti accingi a fare le marmellate la tua casa diventerà un inferno. Non solo la cucina ti si riduce a un campo di concentramento fruttifero, con frutta spiaccicata pure sulle mattonelle. Ma vogliamo parlare dello zucchero che come tocca un po' di liquido si appiccica da tutte le parti?E poi il pentolone, e ruma e gira, e bolle (blublublublublu...), e pela e sbuccia, e ribolle, e sterilizza e imbarattola e ribolli...
90 gradi c'avevo in casa. Novanta.
Quando è arrivato il Santo ha detto “Abbiamo Caronte a cena? Si è fermato qui stasera?”
Giuro non ci si stava. Però che soddisfazione! Che poi non è nemmeno per risparmiare, perché se facciamo il conto del costo dei barattoli, lo zucchero, il tempo, il gas... magari uno fa prima a comprarle, ma vuoi mettere la soddisfazione?E poi è roba genuina, oh!Solo frutta (allo stato brado come dico io) e zucchero.Niente addensanti, niente di niente.
E devo dire la verità. C'ho preso gusto. Parecchio gusto. L'idea di avere anche per l'inverno le nostre albicocchine sotto forma di marmellata, mi piace assai. E non potete capì che splendore stamattina quando me la sono spalmata sulle fette biscottate ( e non mi dite che dovevo aspettare!Non ce l'ho fattaaaaaaaa!!!!)
Lo so, sembro Nonna Papera. Ora mi metto pure a fare le conserve e chissà che cosa, invece di fare shopping col tacco 12 o passare ore dall'estetista. Che tristezza.
Però no? Dicevo: secondo voi io mi posso fermare a fare le marmellatine così? Nel senso, una volta pronte le metto in dispensa e via? E magari le regalo a chi l'ho già promesse, così scarne, in un anonimo barattolino? Macchè. Vi pare? Allora guardate cosa ho fatto con le mille stoffine che mi ritrovo:




ma non sono più belline? Così stanno in bella vista nella mia cucina, nella mia dispensa e all'occasione dirò “Prendi, portala a casa. L'ho fatta con le mie mani” oppure “Questa crostata è fatta con la marmellata delle MIE albicocche”
ADORO. Perché io sono anche generosa. E perché ne sto facendo davvero tanta. Mentre sto scrivendo ne ho già pronte 'confezionate' 5. Dieci barattoli invece sono a testa in giù a freddare. E domani, se avrò tempo (ma devo trovarlo prima che mi marcisca tutta la frutta) ne verranno fuori altri 10 minimo. Il perché è presto detto: mia madre oggi mi ha messo in mano altre due buste dell'Iper con pesche e susine del campo del vicino esclamando “Tieni cocca, vai!Visto che sei brava falla te!Che poi a babbo piace tanto...” Capito l'antifona?


Voi la fate la marmellata?
Avete mai fatto la verdura sott'olio? Io per esempio so fare solo le zucchine, quelle che si accompagnano bene con il bollito,per intenderci, quelle sott'olio col pepe in chicchi...e fatemi un cenno con la testa se avete capito!E che è?
Comunque. Lo so, è semplice fare la marmellata, è proprio facile, ma sono contenta di esserci riuscita, di aver creato con le mie manine qualcosa di buono da conservare nel tempo.
Sì, okay, Nonna Papera mi sta facendo l'occhiolino.
Se tanto mi da' tanto il prossimo acquisto sarà un trattore.



  







giovedì 5 luglio 2012

UNA VITA DA MEDIANO




Se a me da bimbetta mi chiedevi “Cosa vuoi fare da grande?” io rispondevo “L'infermiera”
Poi dopo due mesi l'ostetrica, la veterinaria, la sarta, la gelataia e anche la commessa. Infatti come vendevo i sassi io, nessuno mai. Ore e ore a dire “Desidera?” ai miei amichetti e vai che ti incarto due fili d'erba che fungevano da asparagi o un pezzetto di legno a mo' di pane. Pensa te i casi della vita. Son commessa per davvero.
Tutti questo per dire che io ho sempre volato basso.
Ambizione, successo, questi sconosciuti.
Ovvio che come ho raccontato QUI, fare la commessa è stato un caso. Però un caso che mi ha permesso di essere economicamente indipendente a soli 17 anni. Quando dico economicamente indipendente intendo che disponevo di uno stipendio che mi permetteva di fare svariate cose e in più crearmi un gruzzolo.Ora non trovano lavoro manco i laureati, figuriamoci che culo ho avuto.
Quindi il mio essere semplicemente commessa (o bottegaia, come dice qualcuno) me lo tengo stretto.
Questo per dire che a volte mi sento un po' strana. Io sta smania di successo delle donne, non ce l'ho. Non ce l'ho. In nessun campo. Ma perché? Qualcuno me lo spieghi.
Probabilmente bisognerebbe scavare scavare e scavare ancora. E dire che di occasioni ne ho avute.
E non è che non mi metto in gioco, oh no. E non è nemmeno per la paura della sconfitta. Sconfitta de che? No. Io penso che principalmente siamo davanti a una sostenitrice del Macchimelofaffà.
Prendiamo ad esempio il lavoro.Poteva capitarmi di essere socia di un negozio, di avere un nome su un contratto e non era commessa, di avere un'entrata non indifferente, di avere qualcosa di mio, lavorativamente parlando.
Io ho detto no, non solo al colesterolo, ma pure a questa pseudofferta. Perché, se inizi un progetto del genere, è sicuro che da qualche parte e per qualcuno mancherai. Non voglio avere qualcosa di mio in questo senso se rischio di non godermi la mia famiglia, i figli, la casa, la gatta e tutto il cucuzzaro.Un lavoro sì, qualsiasi purché dignitoso, che mi permetta di confrontarmi, stimolarmi e concedermi pure qualche vizio. Trascurare il MIO (tutto compreso) per essere titolare di, non fa per me.
Prendiamo ad esempio la sfera creativa. Ho detto no a tre editori. Non lo sapevate?Essì. Per carità erano piccole/medie case editrici (con tutto quello che ne consegue, capiteammè) che hanno letto qualcosa di mio tramite concorsi, mi hanno contattato, mi hanno fatto la proposta e io ho rifiutato.
Per il semplice motivo che avrebbero speculato magari sui miei sogni/lavori/aspirazioni/creatività. Però sarei potuta andare in giro a dire “Ho pubblicato un libro!” “Sono una scrittrice!” Figo, vero? Voglio dire, avrei potuto farlo benissimo, ci mancava tanto così. Perché se hai culo mica ti chiedono come ci sei arrivata a pubblicarlo quel libro. L'importante è apparire, vantarsi, farsi grande. Poi il dietro (almeno in questo caso) sarebbe stato di un triste che non potete capì.
Prendiamo ad esempio i concorsi letterari. Anni fa partecipavo volentieri, fino a che non ho capito (per l'amor del cielo, mica tutti) che anche lì l'acqua non è molto limpida. L'assurdo è che l'ho scoperto a mio favore. Tipo che l'organizzatore mi chiama per congratularsi del mio primo posto. Ovvio che sono stata felicissima, davvero. Molto. E poi niente, durante il corso della telefonata, mi propone di partecipare anche al prossimo concorso. Io, dispiaciuta, ribatto che in quattro mesi non ce la faccio davvero a scrivere un altro romanzo, proprio no. E non avevo mica capito. E nemmeno voi, quindi vi riporto più o meno il suo discorso “Ma no, detto tra noi: lei non deve riscrivere il romanzo, cambia solo i nomi, qualche frasetta qui e là e il primo posto è suo. Visto che stavolta avrà la coppa, la prossima che facciamo, una targa? Dica lei cosa preferisce”
Primo posto annunciato, su circa 700 partecipanti. Voglio dire, avrei potuto farlo, il romanzo era già pronto, la targa, l'articolo di giornale e gli applausi mi avrebbero atteso. Che ganzata!Ma quanto mi sarei potuta vantare?Abbestia. Ecco, m'ha fatto talmente schifo che da quella volta lì ho smesso del tutto. Sono scema? Probabile. Perché magari mi perdo pure dei concorsi seri. Quattro mesi dopo ha vinto un'altra. Chissà che fine ha fatto ora.
Prendiamo ad esempio il blog. Questo blog è la mia valvola di sfogo, il mio pertugio, il mio diarietto che aggiorno quando ho tempo/voglia/ispirazione/cazzi&mazzi. Mi sono resa conto, nei mesi, che se vuoi un blog di successo ti ci devi smazzà. Ma da morire.Devi stare lì a ore, creare dei contenuti interessanti, non mollare la presa, mai.Gente che cerca i contatti giusti per fare i numeri, sponsor, collaborazioni, il tutto al limite della decenza. Gente che per accaparrarsi followers mangerebbe la propria nonna. Si fa per dire. Gente che ha decido di farci un lavoro (e le stimo), perché per stare dietro a un blog come si deve, davvero diventa un lavoro.
Ecco, io un lavoro ce l'ho già e il blog mi serve per avedere. E si vede. Soprattutto d'estate me la svigno che è una bellezza. L'estate chiama e io rispondo, sempre.D'estate non solo si boccheggia, ma si respira proprio un'aria diversa fatta di letture sotto l'ombrellone, cene all'aperto, vasche in piscina, gavettoni in giardino, giochi d'acqua in mare, passeggiate dopo cena e quell'impercettibile dilatamento della giornata che sembra non finisca mai. E mi ci entrano pure un sacco di cose. E' il periodo in cui la nostra famiglia (come credo le vostre) passa più tempo insieme. E io cestino. Cestino proposte, contatti, collaborazioni. Robe che magari mi farebbero avere anche più visibilità.In cambio di. In cambio del mio tempo per smazzare tutta sta roba. Perché devi stare lì, al pezzo. Dovrei farmi prendere da questa voglia di emergere, di sfondare, di essere al top.Dovrei dedicare minuti, ore delle mie giornate a cercare di lanciarmi, ore ad accanirsi per cosa, poi? Un blog? Rischio di perdermi un sacco di cose e il mio tempo non è in vendita. E' solo prezioso. Io ringrazio i lettori gli amici che mi leggono, che si aggiungono a queste pagine sminchiate, vi giuro vi bacerei in fronte uno ad uno. E ringrazio chi ha capito e accolto la mia vera personalità, perché questo blog non sarà figo, non emergerà mai, non farà dei numeroni, non avrà mai un nome altisonante, non sarà aggiornato con cadenza settimanale ma solo se la sottoscritta ne ha voglia, sarà dimenticato presto, ma una cosa ce l'ha. Il calore umano. Non solo quello fatto dai vostri splendidi commenti, ma quello creato fuori di qui. Perché spesso chi ha il bloggone, tratta tutti gli altri da lettori o semplici commentatori. Numeri.Talvolta nomi. C'è un certo distacco tra chi scrive e chi legge, una sorta di piedistallo in cui è facile salire, ma rischi che quando scendi, poi non trovi nessuno.Quella specie di regola 'Io Scrivo. Tu leggi'
Qui vige la regola: 'Io sono. Tu sei'. Con tantissimi di voi si è creata una rete che va al di là del blog, ma proprio fuori, roba che se lo racconti la gente non ci crede. Magari io non sono qui, voi non siete qui, ma io sono con alcuni di voi da un'altra parte, extra blog, extra internet. Siete nel mio telefono, nella mia casa, nel mio abbraccio, nella mia vita. Poi magari un giorno finirà tutto, magari si rivelerà tutto fittizio. E a quel punto, come faccio sempre, cercherò di trarre il meglio da questa vita da mediano.

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