lunedì 25 febbraio 2013

Il primo lavoro








“Quanti anni sono che lavori?”
“Uhm...ventidue anni? Spè, forse ventuno...no ventitrè. Ma devo considerare il lavoro serio o proprio il primo lavoro? No, perché se si parla del primo lavoro avevo sedici anni, quindi son ventiquattro. Ventiquattro!Minchia una vita. Voglio andare in pensione.”
Il mio primo lavoro. Quello che mi ha fatto guadagnare i primi soldini, che quando li prendi in mano (i soldini) non torni più indietro, perché l'indipendenza economica dà alla testa.
Ed è inutile che io stia a dirvi che nei miei sogni di bambina io sarei diventata infermiera, astronauta, veterinaria, ballerina, chirurgo e via dicendo. Quando siamo piccoli ci si confondono i neuroni.
Il mio primo, primissimo lavoro, non ha niente a che fare con quello che so fare adesso. Che so fare...cioè, non è che per stare dietro a un bancone ci voglia chissà che. E' che accumuli esperienza e con quella vivi di rendita, diciamo. Insomma, le persone son talmente abituate a vedermi disossare prosciutti e vendere baguette che pensano che abbia cominciato lì. Se, figurati.
Nel mio primissimo lavoro disegnavo, e mi pagavano pure per farlo. Non è una figata? Sì, vabbè mi pagavano una miseria, però era ganzo. Disegnavo su corredini per neonati. Lenzuolini, bavaglini, federe, tutte disegnate da me con sti porcelli grassi e conigli saltellanti. La titolare dell'azienda che me li commissionava aveva anche un negozio di abbigliamento per baby e visto che ero parecchio estrosa, a volte mi chiamava per fargli la vetrina. Marò, è passato un secolo.
Il mio primo lavoro.
Poi vabbè ne ho fatti altri, così per racimolare. Tipo che stiravo a domicilio. E poi una si chiede come mai adesso odi tanto stirare.
E poi, per racimolare altri due soldini, consegnavo i certificati elettorali. Porta a porta. Mi son fatta delle vie e delle scale che se ci ripenso mi fanno male i muscoli.E quante porte chiuse in faccia. Ah ah. E quante mogli sgamate a letto con l'amante. Ah ah. Pure quello.
Che ricordi.
E poi niente, nella vita ho fatto altro. E va bene così. Iniziare presto mi ha dato l'indipendenza economica e vi posso assicurare che avere una mensilità quando sei così giovane ti fa per forza diventare responsabile, perché incominci ad amministrarteli bene, no? Cioè, io ce l'ho fatta, altri non lo so. Dall'altra parte mi ha tolto un'istruzione di base e rifartela da grande è più faticoso, però insomma si fa anche quella, eccheccevò.
L'ideale, come si dice sempre, sarebbe fare il lavoro per il quale abbiamo studiato ( e io, vista la mia strada,  direi che mi va di culo) e spero che per voi sia così, sarebbe proprio il massimo.
Però son curiosa di sapere qual è stato il vostro primo, primissimo lavoro, quello che vi ha fatto guadagnare i primi soldini,anche se fossero state le nostre care diecimila lire. E che lavoro invece fate adesso.
Sarebbe bello ricostruire il nostro percorso, nevvero? Non mi dilungo oltre, lo spazio sotto è per voi.

p.s. Un mongolino d'oro al lavoro più strambo. Perché uno di voi deve averlo pur fatto, no? :-D





venerdì 22 febbraio 2013

L'altro


"E ora dove vai?”
Guardo Luca e sospiro “A casa.”
“E mi lasci qui. Come sempre.”
Fisso i suoi occhi scuri, contornati da delle ciglia lunghissime e penso che siano il sogno di ogni donna. “Sì, come sempre.”
“Perché non rimani un altro po'?”
“Lo sai che non posso”, rispondo di schiena buttando la roba nel borsone.
Lui mi cinge la vita da dietro e mi attacca le sue mani sui fianchi. “Ti prego.”
Mi stringe; un abbraccio disperato che mi riserva a ogni nostro appuntamento. Un abbraccio struggente carico di richieste.
Mi volto, gli prendo il viso tra le mani e lo bacio. “Questo te lo devi far bastare fino a lunedì.”
“Perché non rimani? Dai!”
“T'ho detto che non posso! Basta adesso, non far finta di non capire.”
“Ma che vai a fare a casa?”
“A casa ho Andrea che mi aspetta.”
Lui socchiude gli occhi con fare minaccioso, inclina la testa di lato e si pianta i pugni chiusi sui fianchi.
“No, te adesso non ci vai! Te stai qui!”
“Ma figurati! Dai, fammi passare.”
“No. Voglio stare con te. Ora. E anche domani. E lunedì, e martedì. Sempre.”
Non ce la faccio più. Mi accascio sulla panca, sfinita. Ogni volta è una lotta, un addio doloroso, una guerra, una pace. E lui ogni volta è sempre più determinato e lasciarlo è sempre più difficile.
Lo fisso attraverso i vapori e il caldo di questo spogliatoio che mi fa afflosciare i capelli, mentre lui sa di bagnoschiuma al borotalco. Ora mi è davanti, allunga una mano e comincia a toccarmi i capelli, li prende in mano con una delicatezza infinita, e mi guarda con un amore innaturale.
“Stai con me, ti prego. Non lasciarmi.”
La sua mano scivola sul mio viso, fa un passo incerto e alla fine si tuffa nel mio collo.
Sento il suo respiro nelle mie pieghe, mi circonda le spalle con le braccia e mi avvinghia con tutto il suo corpo.
Luca ha 5 anni e tiene molto a me. Non so se è innamorato, ma è qualcosa che somiglia molto a questa definizione adulta.
Da quando gli ho rivolto la parola, due mesi fa, il dopo-piscina diventa un addio da telenovela brasiliana.
Lo sento urlare negli spogliatoi con sua madre: “Facciamo presto, voglio andare da Simona!” e una volta uscito si avvinghia. Mi viene in braccio, mi bacia, mi accarezza e vuole che salga nella sua nuova auto spaziale che non è altro che la panca gialla messa di traverso.
E ogni volta è un doloroso addio. Non gliene frega niente che io abbia una figlia da accompagnare a casa, un marito e chissà che cosa, potrei dirgli anche che in salotto tengo un gorilla. La sua richiesta è sempre la stessa: “Portami con te” o “Stai qui.”
E io mi ci sfinisco. Se sono troppo dolce lui se ne approfitta, se sono decisa lui ci rimane male, si arrabbia e mi stringe ancora di più dicendo: “Lo vedi? Ora mi lasci solo.” E sua madre è a mezzo metro di distanza che mi mima ridendo: “Scaraventalo pure”.
L'altra sera è scappato dallo spogliatoio e me lo son visto apparire sulle scale.
“Dove stai andando?”
“Da te”, e mi ha preso la mano. “Andiamo.”
“Ma andiamo dove? Io vado a casa!”
“E allora? Vengo anch'io!”
“Ma non puoi venire, tesoro.”
“Perché no?”
“Be', perché la tua mamma, per esempio, piangerebbe tanto poverina.”
“Sì, ma poi le passa.”
“Ma non posso portarti a casa mia. Via, Luca, torna giù, dài. Senti che ti chiama la mamma.”
“No! Voglio stare con te!”
L'ho dovuto prendere in braccio e riportare giù. Ha strillato, ha pianto, ha fatto una scena dove i “Non mi lasciare!” e i “Voglio te!” si sprecavano.
Alla fine una porta a vetri smerigliata ci ha diviso.
Ero a pezzi.
E sulle scale mi son ricordata di quando tre giorni prima son salita sulla sua auto spaziale e mi ha detto di allacciarmi bene la cintura di sicurezza.
“Ah, okay. Dove andiamo?” ho domandato.
Lui si è girato, mi ha guardato con dolcezza e col suo sorriso smagliante mi ha sussurrato:
“Tieniti stretta. Ti porto a cena a Parigi.”



 

martedì 19 febbraio 2013

In questi giorni è accaduto



Tho!Rieccomi. Dove eravamo rimasti? Minchia, al 6 Febbraio. Sono troppo scadente. Ma quante cose sono successe per tenermi lontana dal minchia-blog? Niente di preoccupante, solo quelle sette o otto cosine che si incastrano male come due colori diversi nel cubo di Rubik, come due pezzi di un puzzle dai contorni irregolari.
No, ma io vi spiego perché, vi porto la giustificazione. Eh.
Allora, da dove cominciamo?
Diciamo che in generale ho avuto meno tempo. Infatti non ho manco preparato i miei dolcetti, a parte oggi che ne ho fatto uno velocissimo, perché se devo morì allora devo morì a pancia piena.
Poi: Alice ha iniziato la piscina. A dire il vero l'ha iniziata da un po'. Ma se un mese fa si incastrava perfettamente tra i suoi compiti, in queste due settimane ci son stati compiti e verifiche un giorno sì e uno pure (vedi pagelle) E cosa faccio io? Le risento tutto: storia, geografia, scienze e tutto il cucuzzaro. Sì, lo so che è sbagliato, che deve imparare a studiare da sola, che le servirà per le superiori e bla bla bla. Ma non concorro certo per Miss mamma perfetta dell'anno, e se lei si sente più sicura ad averci un pubblico, ad avere qualcuno che le fa domande, ad avere qualcuno (me o il Santo) che le rispiega un concetto o cercare insieme una ricerca su Internet, bon, io ci sono.Non è che le ci posso sempre piazzare la gatta. Mi piace (ci piace) seguirla. Purtroppo è una classe casinista, indisciplinata, dove spiegare risulta impossibile (parola dei professori) quindi rispiegare un concetto a casa diventa necessario. Ovvio che poi a scuola c'è lei dove deve dimostrare che jafà anche da sola e infatti alla consegna delle pagelle, non abbiamo avuto sorprese. Bella pagella. Bella bella. Voti ancora più alti dell'anno scorso, la vedono più sicura, più sciolta ed ha acquistato sicurezza. In compenso io so a memoria la Svezia, la Danimarca e la Germania, la crisi del seicento e il Decamerone, Leonardo da Vinci e il corpo umano. Fatemi una domanda e io vi sorprenderò.
La pagella, appunto. La consegna delle pagelle merita un post a parte, ma ho visto cose che voi umani...
Poi si è ammalato il Santo. Povero. E'stato malissimo, una cosa mai vista, una paura inaudita. Ha avuto la febbre a 37° perdio!Oh, non c'è niente da scherzare, è pericolosa.Ho dovuto scacciare a mali parole anche il prete, che saputa la notizia, era subito corso al capezzale. Il Santo ce l'avrebbe fatta grazie alle mie amorevoli cure “Amò, vai a dormire sul divano che con la tosse mi svegli”.
Però aveva una voce roca e sexy da attore porno rauco con un coltello infilato nella trachea. Dio, come era sensuale sentirlo parlare!Gli ho suggerito di leggermi l'elenco telefonico, così per sentire quella voce che manco Luca Ward, ma mi ha mostrato il dito medio. Forse gli faceva male pure quello e ci voleva il bacino, chissà.
Poi ho avuto la pressione un po' alta per una settimana, poca roba. Tipo ero gonfia come un culo. Strano, visto che mangio sale grosso come se fossero pop corn. Io la pressione un po' alterata la tollero bene. Sì sì. Ucciderei in quei giorni.E se ho un picco sui 150 la massima, ti nascondo anche il corpo. E poi il ciclo mi ha anticipato come se avesse furia. Non vi sto a dire che le due cose sono collegate, ormai lo sanno anche i mattoni. Il problema è che io me lo scordo e continuo a mangiare salato quando in realtà dovrei limitarmi, perché è l'unica cosa a cui posso mettere mano. Quindi mi sono imbottita di verdura lessa, frutta, carne bianca e acqua come se non ci fosse un domani. Dopo dieci giorni mi sarei impiccata al ciliegio in giardino. Sognavo dello speck anche la notte.E pensare che non devo nemmeno dimagrire. No, ma ditemi voi se è giusta sta cosa!
Ah sì, poi mi sono tagliata i capelli!Non poco, un bel pezzo. Ho fatto la lisciatura e la frangia da una parte. Figa? Maddechè. Mi dicono che dimostro ancora meno i miei anni. Vabbè, me l'hanno detto i miei genitori, ma tant'è.
Poi che è successo? Ah, questa è fresca fresca. Da tre giorni ho un fastidioso dolore dietro al ginocchio destro, dove in realtà mi fa male da un po' a fasi alterne come le targhe. A volte sì, altre no, quindi che faccio io? Me ne fotto. Ma non dormirci bene per tre notti mi ha fatto recare minimo in farmacia. La zona è un po' gonfia, con una vena blu in rilievo tutta curve che pare il Po. É bellissima, un'opera d'arte. Cioè pare un tatuaggio messo lì apposta. E comunque spiego il problema chiedendo solo una pomatina che mi dia sollievo. Si risolvono un sacco di cose con le pomatine.
Quel santuomo del medico mi guarda la gamba e se ne esce con “Io le do la pomatina, ma le consiglio di fare una ecodoppler venoso il prima possibile”
“Prego?”
“Sì lo so, a trent'anni è presto ma nel suo caso la farei”
“A parte che ne ho quaranta...” gongolo io appoggiandomi a uno scaffale con nonchalance e manca poco butto in terra tre o quattro scatole di Settebello.
“Ma davvero!? Ma complimenti!Sembra una ragazzina!” Questa che parla è la farmacista. Il medico è serio, rovista tra le sue pomate e insiste nel dirmi di fare l'eco. Potrei avere un'insufficienza venosa.
Io.
Ma stiamo scherzando? Solo perché già a ventitrè anni avevo una vena varicosa? Solo perché faccio un lavoro dove sto perennemente in piedi? Solo perché ho quarant'anni? Solo perché in questi giorni ho portato più spesso i tacch...
Occazzo.
Nuooooooo!! Non saranno mica anche i tacchi che peggiorano già una situazione traballante? I suggerimenti del medico danno la conferma alle mie paure.
“Attenzione ai tacchi. Ci vorrebbe un tacchetto basso, largo e delle calze contenitive tipo settanta denari...”
Io già mi stavo strappando i capelli. Cioè, dottore mio, mi sono appena comprata un paio di stivali da urlo tacco dodici e te mi dici di andare con la scarpa bassa da suora? No, fammi capì. C'ho delle autoreggenti e delle parigine da far tremare Mickey Rourke d'una vorta davanti alla veneziana e tu mi stai dicendo che devo indossare quelle calze color marrone pantegana moribonda? Quelle spesse come polistirolo? Devo prendere queste precauzioni anche se ho le gambe magre (ma lo vedi santoiddio che c'ho le coscine magre?), anche se faccio regolarmente sport? Anche se tengo d'occhio la pressione (se vabbè, a volte) anche se sono pesoforma? Anche se mangio tanta frutta e verdura? Anche se non ho voglia? No, non me lo dire. Non me lo dire!
“Mi dia delle pastiglie per la circolazione piuttosto, mi dia della droga, dell'oppio!”
“Non ci scherzi, suvvia. E' un controllino, niente di che. Con il lavoro che fa è possibile che soffra un po' di insufficienza venosa, ma per darle una terapia il medico di base ha bisogno di una risposta certa, non è che diamo le pastiglie per ipotesi”
“Ah no?”
“Ennò. Ecodoppler, terapia, fastidio finito, e sarà di nuovo sana e bella”
Certo, perché ora sono un cesso e orrenda. No, ma è giusto, c'ha raggione.
Io mi son già rotta le palle però. Cioè, devo andare domani a prendere appuntamento e già mi si sminchiano i neuroni, mi si sfrantecano le sinapsi.
“Appena può tenga la gamba in alto. Dorma con un cuscino sotto al materasso all'altezza dei piedi. Metta la pomata in frigo che la deve applicare ghiaccia. Non tenga gli arti vicino ai caloriferi..”
Mììììììììì!!!! C'è altro? Tipo cammini sulla testa come quelli del Cirque du Soleil? O assuma un massaggiatore neozelandese? O si smonti come il tavolo Bjursta dell'Ikea e riponga gli arti inferiori nel terzo ripiano del frigo?
Minchia, son tre giorni che ogni tanto non solo tengo la gamba in alto, ma la slancio che manco Heather Parisi a Fantastico dell'81. Dormo con un asciugamano piegato sotto il materasso e siamo così abituati, ma così abituati che la mattina ci guardiamo smarriti domandandoci “Di chi sono quei piedi laggiù?”. La pomata in effetti fa un casino, sto molto meglio. Il problema è che il tubetto lo tengo in frigo tra il tubetto di maionese e quello del concentrato di pomodoro e quindi se nel prossimo bollito dovessi vedere la gallina con due belle cosciotte sane non mi devo far domande. E poi sto lontana dai caloriferi. E quando faccio la doccia indirizzo il getto dell'acqua gelata sulle gambe.Soffro un freddo porco, sappiatelo. Preferirei appendermi per le orecchie al filo dei panni coi piccioni che mi cacano in capo. Giuro.
Ma sto meglio. Farò comunque questa ecodoppler del caiser per dare ragione...a loro ovviamente.
Perché so che sarà così. Ma io son dura.
Il mio fisico è lì a ricordarmi che tra un mese sono quaranta. Precisamente il giorno di Pasqua, quaranta tondi tondi. Mentre il cervello è lì che lotta per dimostrare che ne ha 16, 17 al massimo, con punte di 5 0 6 (tipo età prescolare ) perché una a quell'età mica batte pari. E' una lotta tra sti due che non vi dico.
Comunque vabbè, è successo questo e chissà cosa accadrà.
Una cosa è certa, ricomincerò da capo.

Perché a quarant'anni, visto che è Pasqua, io resuscito.





mercoledì 6 febbraio 2013

Tu la conosci Chicca? (1° parte)






Queste siamo io e Chicca, domenica a Roma (sì, sono stata in trasferta). Anche se siamo state insieme un'ora soltanto, le vorrei dedicare la giornata perché è stata per me un miraggio e per i miei compagni di avventura un fantasma. Ma andiamo con ordine.
Domenica a Roma giocava la nazionale di rugby. E che c'azzecco io? Direte voi. No, ma c'azzecco perché io di secondo lavoro faccio la massaggiatrice.
Scherzo.
In verità io e Ali abbiamo approfittato della trasferta del Santo e ci siamo infrattate in auto come due autostoppiste pazze, per poi gironzolare per Roma con le amiche mie.
Amiche mie.
Parole grosse.
Praticamente in tre quarti d'ora e con il solo possesso del computer (perché le mie facoltà mentali l'ho buttate nel cesso da mo'), sono riuscita ad avere vitto, alloggio e splendida compagnia nella capitale. Fautrice e istigatrice di questa gita di un giorno lei, Cran Berry, la regina del cornetto.
Il nostro scambio di mail è stato più o meno questo “Domenica ce la fai a venire a Roma?”
“Uhm...credo di sì”
“Bene. Si mangia qui,facciamo cosà, ci troviamo là. Andata. Buona la prima”
Dopo uno scambio di battute su FB a noi si è aggiunta Emanuela (prima aveva un blog, ora non più, mannaggia!) e Valerio (amico, guardiadelcorpo, mentore, consigliere, ombra, guida spirituale, autista, cuoco, e massaggiatore di Cran). E vuoi andare a Roma e non dirlo a Chicca che è 'na romana de Roma docche? Eannamo su!.
Il bello è che tutti conoscevano me e loro non si conoscevano tra loro. Un incontro al buio paro paro. Tipo che fioccavano frasi come “Mi riconosci dalla rosa rossa nell'occhiello!” e avevano il piumino senza bottoni. Per dire.
Il Santo alle 11.40 ci scende a Stazione Termini in mezzo al traffico a tutta velocità e senza un bacetto, tipo rampa di lancio di Cape Canaveral. 3 – 2 – 1 lancio! Siamo state sparate in mezzo alla strada dove abbiamo rischiato di essere investite da un taxi.
Mando il primo messaggio convulso a Emanuela che mi risponde “Mi vesto e sono da te” manco fosse un'amante, mentre Cran e Valerio mi dicono di essere già in metro.
Dopo 5 minuti mi arriva un messaggio da un numero sconosciuto. Guardo sgomenta il cell e leggo “Sono Emanuela e sono in metro.Questo è cell dell'ufficio, il mio l'ho lasciato sul tavolo, accanto alla frutta” (tanto per citare il buon Roberto Benigni.) “Se mi hai scritto dei messaggi, non li ho letti”. Praticamente potevo morire e questa manco mi rispondeva. Lì, sono stata tentata di scappare.
Mentre con Alice abbiamo detto no al colesterolo, al venditore ambulante di accendini e a chi ci proponeva ciddì di cantanti neo melodici, ecco che arriva Emanuela, che io ribattezzerò Emmanuelle come il famoso film erotico. E sapete perché? Vi basti sapere che la prima cosa che le ho detto è stata “Ma perché te sei magra e c'hai le tette grosse?”
Ho letto nei suoi occhi “Forse se mi fingo una coreana maggiorata faccio in tempo a scappare”
Aspettiamo in tre il resto della banda con Emmanuelle che mi chiede ogni tre per due “Ma Cran che sembianze ha?”
“Vedi quella vecchina tutta vestita di grigio, bianca come un cadavere?”
“Sì. Le somiglia?”
“No, E' proprio lei.”
Ma Cran è bella perché è così.E' arrivata vestita di un grigio topo morto e ci ha confidato “Per l'occasione ho sfoggiato il mio colore più sgargiante!”
Valerio invece tutto vestito di nero pareva un becchino.Di cognome fanno Addams.
Questi eravamo noi. Ci mancava un nano da circo e la donna cannone poi eravamo a posto, un gruppo più sminchiato non si poteva vedè.
Poi, un po' sospettosi,  mi chiedono "Ma l'amica tua? Chicca mi pare, no? Dov'è?"
"Ehm..adesso non c'è. Forse viene più tardi. Sì sì, arriverà più tardi"
"Ma dove abita di preciso?"
"Uh...ehm...sì..."
I loro sguardi erano torvi.
"No, ma vi giuro, esiste!" 
Mi hanno guardata con compassione, del tipo "Questa si inventa una vita parallela fatta di amici immaginari e Chicche qualunque"
Comunque sia decidono di portarmi da Eataly, un posto a sentirl loro magnifico ed effettivamente...
Sì, arrivarci però.
Per decidere quale metro prendere abbiamo fatto un conto “Sotto il ponte di baracca c'è Pierin che fa la cacca, la fa dura dura dura il dottore la misura...”, girato la ruota e consultato i tarocchi. Alla fine ne abbiamo presa una a caso che ci ha sputato vicino a Eataly. Vicino. Qui abbiamo chiesto informazioni a un motociclista di Roma (che ci ha dato un consiglio tipo “Vi conviene comprarvi un mantello e cercare di volare tipo Superman fin sul tetto dell'edificio”) , a un passante (che ha fatto finta di non vederci) e alla fine, non sapendo più cosa fare, abbiamo chiesto a delle badanti russe di mezza età (fantastiche) che a sorpresa ci hanno detto “Facile. Tu prende kvesta strada, poi kvesta a sinistra, sì? Poi korridoi lunko lunko, voi arrivate edificio. Facile come per noi kucinare krauti. Capito, sì?”
Avoglia. Come no.
E pensare che Cran ed Emmanuelle stanno a Roma. Sorvoliamo.
Comunque pregando Padre Pio, sgranando il rosario e seguendo le indicazioni di Anna Karenina e le sue sorelle, arriviamo a destinazione.
Qui ci trasformiamo ne La signora Rosa e le sue comari. Infatti impugniamo un carrello e in perfetto stile “Spesa al carrefour” ci aggiriamo tra gli scaffali pieni zeppi di prodotti e ammennicoli vari.
E' stato detto e fatto:
“Guarda Ema, che belle marmellatine!Non sono un amore?”
“Belle sì. Peccato siano barattolini di ragù al cinghiale”
Mi ostino a girare senza occhiali, si vede?

“Cran, Cran, te che sei esperta, come si usa questa grata per torte?”
“Oh bhè, semplice. La metti sopra, poi ci passi il mattarello, poi la metti sotto, la tiri, la rigiri e la riprilli, fai 'na giravolta, falla narta volta , e alla fine ti viene questo effetto”
Non c'ho capito un cazzo ma nel dubbio l'ho acquistata.

Valerio si aggirava tra i coltelli esposti tipo serial killer e sguainava lame tipo samurai. Se rinasco voglio essere un suo neurone specchio. Era così rassicurante che una signora gli ha chiesto “Lei è della sicurezza?”

Emmanuelle si è improvvisata Giorgio Mastrota e si è messa a fare la televendita in diretta di tegami e pentolini.Ci mancavano i materassi ed eravamo a posto.

Cran Berry ha comprato degli stampi di biscotti a forma di mostri e pokemon. Una roba talmente brutta che non li mangerebbe nemmeno un bimbo orbo giapponese.

Là dentro poi c'è stata la chiamata di Chicca (ora c'ho le prove! Più o meno...) che mi ha fatto un discorso tipo supercazzola “Abbella, 'ndo siete? A Eataly? Anvedi. Mo' sto pè arivà. Faccio 'n giro, poi ce vedemo”
“Sì, ma dove?”
“Nun te preoccupà, te trovo io”
Che poi dire a una "Gira pure pè Roma quanto te pare, tanto te trovo" non solo pare una minaccia, ma è più probabile che io inciampi sul marciapiede e finisca dritta dritta nelle braccia di David Beckham che mi confida che ha lasciato Victoria per venire a vivere con me.
“Che t'ha detto?” chiedono in coro i compagni di merende. Gli ripeto il discorso ed era così improbabile che  m'hanno guardato scuotendo la testa come per dire “Abbiamo la prova che questa  Chicca è un'amica immaginaria. Succede anche dopo l'età prescolare. E' raro ma succede. Povera Simo.” Praticamente la vedevo e la sentivo solo io, nemmeno fossi il bimbino de Il  Sesto senso.



A una certa ora la fame si è fatta sentire e abbiamo deciso di mangiarci una pizza, proprio lì a Eataly, solo perché Alice alla parola 'pizza' ha cominciato a sbavare come un San Bernardo in calore. E vi avverto: mai mangiare con una foodblogger. Mai.
Io, Alice, Emmanuelle e Valerio vista  la fame avremmo mangiato anche le gambe del tavolino, le tende delle finestre e il menù plastificato. Anche scondito.Velocità di ordinazione: 2 secondi netti.
Cran no. Lei si è messa a fare le pulci al menù “Vediamo...dice mozzarella di bufala. Eh.Ma di dove? C'è scritta la provenienza? Poi vediamo...pizza. Sì, pizza, ma a lievitazione naturale? E' cotta a legna?A pietra? Col forno elettrico? C'è scritto da qualche parte come la cuociono? Poi vediamo... pizza al pomodoro...quale pomodoro? Pachino? San Marzano? Ciliegino? Vesuvio?No, perché bisogna essere precisi. Vediamo...”
Noi quattro ci stavamo mangiando tra di noi come cannibali.
Con la minaccia di abbatterla con un set di forchette, finalmente si è decisa. Poi ci hanno portato l'acqua. “Come mai due bottiglie differenti?Non è bello mescolare l'acqua. Da dove proviene? Vediamo...”
Stavo per lanciarle il menù nei denti a mo' di frisbee. Che poi lei si focalizza su queste cose e se le fai una domanda semplicissima, tipo “Ma quanti anni hai?” lei va nel pallone. Giuro. Non ha saputo dirmi quanti anni avesse.
“Ho...34 anni”
Valerio “Cran, ma cosa dici. Come 34?”
“Ah no, aspè... 33. Trentatrè, Valerio?”
“No, non ne hai 33. Ricomincia e conta per benino”
“Ne ho...allora...trenta dì conta Novembre con April Giugno e Settembre...Ambarabà ciccì e coccò tua sorella sul comò...79 – 32 moltiplicato per 8 diviso 5...Vado bene, Valerio?”
“Vai avanti. Ce la puoi fare”
“La radice quadrata di 36 considerata l'area del triangolo moltiplicata per 7 avendo l'ipotenusa....dio, non ce la faccio!E' troppo difficile!” E si è accasciata sulla sedia.
Io, Alice ed Emmanuelle avevamo la mascella in terra e gli occhi sbarrati come Mara Carfagna.
Valerio allora le ha fatto pat pat sulla spalla, le ha asciugato il sudore dovuto allo sforzo, le ha fatto una carezzina sulla testa e ci ha detto “Ne ha 35”
“Trentacinqueeee???” si desta lei “Allora devo aggiornare Facebook!!”
No, ora ditemi voi.

(continua...)


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