martedì 31 dicembre 2013

Una vita una



A reti unificate, per questo giorno di fine anno, vi dico una cosa:

 il Signore (anche se a volte tendiamo a dimenticarcene) ci ha donato UNA vita sola. Una, non di più. Non tre, sei o quattro. Una. E non ci sono bonus. Non è che se stai bravo e buono, lui te ne dà un'altra. No. Quella c'hai.
Quindi l'augurio più bello che io possa farvi per il nuovo anno è che abbiate il coraggio e la forza di cambiare la vostra vita qualora non vi piacesse, qualora vi facesse soffrire, incazzare, rattristare o accontentare.
Amatevi e pretendete il meglio dalla vita, che non va annusata ma presa a morsi fino al midollo.
Auguri bimbi!!
Simo


p.s. ci si vede ad anno nuovo, suvvia!




martedì 24 dicembre 2013

White Christmas


Buon Nataleeeee!!!
Originale nevvero?
Ma cosa volete, è così che va.
Io sto bene. Bene vuol dire che non ho un herpes, per il resto c'ho tutto. Vuoi un po' di mal di schiena ad esempio? eccotelotiè!
Doloretti vari e stanchezza a quintalate? Quanta ne vuoi. Te la regalo, se hai bisogno.
In negozio, manco a dirlo, c'è il delirio. Oggi, ad esempio, nascondendomi tra le banane e l'ananas, sono riuscita a  fuggire.
Sto scherzando. Ho due ore  libere, poi rientro per sentirmi dire "Ma...domani siete aperti?" e la tentazione, ogni volta, di rispondere "Tua sorella è aperta!" è tanta.
Insomma, fanciulli, tanti Auguri di Buon Natale e cercate di passarlo con le persone alle quali volete più bene. Come dite? Siete a pranzo dalla suocera? No, allora non avete capito una ceppa di quello che vi ho appena detto, eh.

Vi lascio con una canzoncina che mi piace un mucchio. Io sto video più lo vedo e più rido.

p.s. Cosa avete chiesto a Babbo Natale?





p.p.s. come dimena la gambetta lui, nessuno mai.

mercoledì 4 dicembre 2013

Il backstage del servizio fotografico. Ergo: vojo morì.

Ho capito che non potrei fare la modella.
Perché io le misure 90 60 90 non ce l'ho manco di pressione, sia chiaro.
Perché, nonostante la mì mamma e tutte le amiche mie sostengano il contrario, io starei bene a fare la pubblicità delle porcellane Pozzi Ginori. Come sono cesso io, nessuno mai.
E perché, questa è la più importante, non sarei fatta per i servizi fotografici.
E non sono figa per nulla. Infatti se fossi veramente una figa, non vi andrei a illustrare il retroscena del servizio fotografico per F, ma ribadirei che sono su una rivista, che mi hanno scattato una foto, UNA, venuta subito bene alla prima, perché, vojo dì, sono fotogenica abbestia.
Maddeche.
Voi non avete idea di cosa vuol dire fare una foto per un giornale. Non. Avete. Idea.
Cominciamo subito col dire che intervista/foto/telefonate/mail/salti di gioia/mezzi infarti si sono susseguiti per due giorni. Così all'improvviso che la sera ho pensato “Ma è successo davvero?”.
Cioè, a volte manco se preghi, non so se mi spiego.
Comunque.
La giornalista (strasimpatica e che saluto 'Ciao Gaia!), la fotografa (tra poco ne parliamo) e mia madre mi suggeriscono una capatina dal parrucchiere. Così, tanto per. Il mio parrucchiere è così sorpreso da questa richiesta che grida al miracolo e accende un cero a Padre Pio. Pare che il salone sia stato luogo di pellegrinaggio nei giorni a venire.
Vado a farmi la piega con un meteo ostile che non vi sto a dì. Pioggia a secchiate, vento a tremila km orari, grandine e un freddo porco che pareva di essere in Siberia. Praticamente il tempo perfetto per farti una piega di merda.
Le bimbe mi preparano con quintali di lacca e tutte esultano con “Sei perfetta!”.
Tronfia dello splendido risultato mi appresto a uscire e vengo sorpresa da una ventata che mi spezza l'osso del capocollo. Capelli modalità sminchiata in due secondi netti, soldi e tempo buttati al macero. Mi adoro.
Tenendo una mano sui capelli, una sull'ombrello e imprecando che manco uno scaricatore di porto che ha perso lo smartphone in mare, mi avvio nel luogo dell'appuntamento dove mi aspetta lei, Stephanie. Fotografa professionista e professionale, con una biografia  che quando l'ho letta mi son sentita male. Lei che viene apposta da Roma per fotografà me. Dico: ma siamo pazzi?
Dopo un fugace scambio telefonico “Abbella, vedi d'andatte a fa' un po' de piega, che co sto tempo sennò nielafamo” e “Ma ndo me dici te, ce posso parcheggià?” finalmente ci incontriamo.
Cioè, a dire il vero è lei che riconosce me, io ero troppo intenta ad avvolgermi la testa con le mani tipo l'urlo di Munch.
“Simona?”
“Stephanie?”
Bella, solare, e... giovane!
Si è presentata con un vestitino estivo a maniche corte, senza calze (senza calze!) e un giacchettino corto. Ma da dove viene? Roma, che voi sappiate, è sempre in Italia? Comunque è molto fashion, molto trendy e molto nuda. In confronto a lei sembravo nonna Abelarda. Le dita dei piedi, dentro i miei anfibi, avevano la stessa temperatura dei bastoncini di pesce. Capitan Findus sarebbe stato fiero di me.
Cerco in qualche modo di giustificare questo mio tapparmi in modo convulsivo.
“Abbi pazienza, Stephy, ma sai ho un'età!Questo freddo mi uccide”
“Ah. E quanti anni hai?”
“Quaranta. Sai com'è...”
“Embè? Anche io ho quarant'anni!”
Ho deciso: la amo. No, ma davvero. E non avevo ancora visto nulla.
Per prima cosa mi guarda e mi fa “T'avevo suggerito di andare dal parrucchiere”
“Ci sono andata!”
“Ah. Namobbene...” e poi mi studia e mi gira d'intorno studiandomi con il pollice e l'indice poggiato sul mento. Ogni tanto mi toccava i capelli, una spalla, mi faceva voltare, mi sistemava la maglietta.
“Posso sapere cosa stai facendo?”
“Bona. Sta bona che te devo studià...”
Dio, mi sono sentita una modella!Sìììììììììì!!
O un bovino alla sagra contadina. Ci mancava che mi misurasse al garrese ed ero a posto. Anche se, con ste mammelle che mi ritrovo, il latte manco a pregà.
Comunque mi son sentita...mi son sentita... una deficiente, ecco. Forse è il termine esatto, visto che ero circondata da gente che mi guardava incuriosita socchiudendo gli occhi manco fossi la Gioconda. Perché intorno a noi c'era gente. Parecchia gente. E continuavo a mormorare Chefiguradimerdachefiguradimerdachefiguradimerda, fino a che Stephanie mi ha detto “Mo' se non te cheti te rinvio”
Io e lei, sappiatelo, na cosa sola. Feeling allo stato puro.
Poi per farmi mettere a mio agio da una borsa ha tirato fuori quello che a prima vista m'è sembrata:
-una trebbiatrice
-un' aspirapolvere ultima generazione, di quelle che ti aspirano pure il gatto e te lo risputano senza pulci
-l'astronave madre usata da Emmerich durante le riprese di Indipendence day

Invece era solo la sua macchina fotografica professionale. Na cosuccia, insomma.
Stephanie studia, medita, guarda, scruta ogni anfratto, ogni pertugio, ogni angolo, ogni linea, Le sedie, i tavoli, i libri, e poi la luce; diretta, indiretta, di traverso, di tre quarti, con la luna storta, con saturno contro, con dù patate in umido, na roba che io non ci stavo a capì più niente.
E ancora non avevamo iniziato. Ma vederla così professionale, così presa, così sicura del suo sapere mi ha fatto sognare di diventare fotografa per un giorno. Pura magia.
“Bene. Mettete a sede. Facciamo due prove. E ora sorridi”
Be' sì, e che ci vuole?
Sorrido.
“Ti pare un sorriso?”
“Certo!”
“A me pari scema. Sorridi più convinta?”
Sorrido più convinta.
“Pare tu abbia na paresi. Rilassati”
Mi rilasso.
“Troppo rilassata. Rilassati di meno”
Ma come minchia faccio a calibrare il rilassamento? Con una professionista poi che mi scatta tremila foto al secondo FOTOFLASH!FOTFLASH!FOTOFLASH!, cioè, impossibile!
“Tesò, tranquilla, jeafamo”
“Sarà...anzi mi scuso perché il soggetto... voglio dire, non sono certo Claudia Schiffer!”
“Nun te preoccupà. Al massimo c'è fotoshop”
E lì, l'apoteosi. Fotoshop! Mi sono immaginata senza rughe, con tre kg in meno, con le tette in più, con la pelle levigata come la pelle di una foca, con gli addominali a tartaruga, col collo lungo come una giraffa, con gli occhi da cerbiatta e una posa sinuosa come una gatta. Praticamente un servizio del National Geographic.
“Ti prego, fotoshoppami!Fammi figa almeno per un giorno! Togli qui, metti là, sduttiscimi, dimagriscimi, levigami ma fammi figa!Se poi non sembro nemmeno io non fa niente, ma dio, avrò una foto di cui vantarmi!”
“Sta bona, che parti già da una bella base...”
Dice a me? Io sarei una bella base? No, vabbè, sta donna me la porto a casa e me ne prenderò cura fino alla fine dei miei giorni. (Nei giorni seguenti sono andata in giro a vantarmi “Sono una bella base” La gente non capiva un cazzo, ma fa niente, l'importante è crederci. Ndr)
“E ora si fa sul serio. Forza. Sei pronta?”
“La base è pronta”
E qui sono partite delle richieste così semplici, ma così semplici che spiegare a un bambino di cinque anni l'astrofisica sarebbe stato più facile.
“Sorridi. Di più. Di meno. Di più e di meno insieme. Più convinta. Meno convinta. Più disinvolta. Meno disinvolta. Disinvolta a metà. Disinvolta di un terzo.Sorridi con gli occhi. Sorridi con la bocca." E se mi diceva 'sorridi col culo' vedi come la spettinavo.
Ma Stephanie è già ripartita “Sorridi seria, sorridi felice. Sorridi senza denti..." E lì m'è venuto in mente il sorriso della mì nonna quando si scordava la dentiera nel bicchiere e manca poco mi prende un ciopone. E m'è apparso anche il mio dentista che col ditino accusatorio mi fa “Te l'avevo detto di non mangiare troppe caramelle!”
"...spostati di tre quarti. Più a sinistra. Più a destra. Alza la gamba. Abbassa la mano. Quei capelli, fija mia, quei capelli!!”
Niente, autogestione. Vita propria.
Quindi mi ha risistemato i capelli, aggiustato il trucco e pregato in sanscrito “Ci siamo”
E ancora tremila foto “Mentre faccio le foto, parlami del libro. Voglio che tu sia a tuo agio”
Come no, ci stanno guardando duecento persone, sono proprio a mio agio, guarda.
“Dài, parlami del libro”
“Allora...il libro...”
“Zitta. Ferma così. Non parlare. Perfetto. Ora parla.”
“Sì, dicevo...”
“Stop. Okay, buona. Vai avanti.”
“Ecco, il libro racconta...”
“Ferma. No, chiudi la bocca. Parla ma non parlare”
Chiedo: sono ventriloqua?
“Okay. Guarda questa foto?” e mi mostra una foto dove, ragazzi, sono troppo figa!Non sembro nemmeno io.
“È... è...” non trovo nemmeno le parole per descriverla.
“È orrenda. Fa cagare. Questo tipo di foto non va bene, capisci?”
No, onestamente no. Mi sembravo bellissima!
“Ma tranquilla, non sei tu. È la luce e devo cercare di cogliere la tua espressione migliore”
Mi chiedo se ne abbia mai avuta una.
Si ricomincia. Non è soddisfatta della location. E quindi via che ricomincia la rumba.
“Seguimi”
La seguo incantata da come riesce a cogliere ogni singola sfumatura di una foto.
“Adesso sdraiati per terra”
“Prego?”
“Eddaje, sdraiati per terra, su”
“Ma dici sul serio?”
“Eccerto! Bimba, non so se l'hai capito, ma io sono parecchio estrosa”
Ma va? Ed è per quello che andiamo d'accordo.
“Namo su, spiattellati al suolo”
Mi sdraio (mi sdraio!) nel mezzo della sala con la gente che ci guarda e che sicuramente pensa “Una volta le modelle erano fighe e nude, ora sono rospe e coperte che manco la mì nonna”
E lì vai di foto. “Scostati i capelli. Poco, perché fija mia, son già un disastro. Bene. Tira su il braccio, piega la gamba, arrotolati, girati, panati...”
Avete presente una cotoletta?
“...stenditi, allungati, piegati, rilassati...”
Mi spiegate come faccio a rilassarmi con una a cavalcioni su di me per farmi un primo piano con una trebbiatrice? Roba che se le cade di mano mi schiaccia la testa e muoro.
A pensarci bene sono stesa in terra, con una gamba piegata, la testa di lato e il braccio sopra il capo. Giuro ci manca la sagoma col gessetto, i sigilli della scena del crimine, Jessica Fletcher e sarebbe una puntata perfetta de La Signora in giallo. Titolo: la trebbiatrice assassina.
Alla fine ho lucidato il pavimento, io ve lo dico. Ho un futuro come pulitrice di piastrelle.
Dopo quasi tre ore (tre.ore) la mia amata Stephanie mi dice “Stopppp. Ci siamo.”
Lei è convinta, soddisfatta, divertita (perché si sa, tra una foto e l'altra non vuoi ridere?) e molto sicura del lavoro svolto. Con gesti sicuri e professionali ripone la trebbiatrice e mi bacia e mi abbraccia come se fossimo amiche da una vita. Proprio bella la Stephanie.

Comunque hai voglia di andare su un giornale con una foto bellissima. La soddisfazione più grande è sentirsi dire “Nella foto è bella, ma io la preferisco DA VIVA”
Peccato. Perché la puntata de La signora in giallo era già pronta.



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