martedì 26 agosto 2014

WhatsApp: se lo conosci non ti uccide



“Marì, finalmente, dico FINALMENTE, c'ho whatsapp!”
“Oh bene! Aspè che ti cerco...Mmh...non ti trovo”
“Ma perché sei scema!Come non mi trovi, io ti vedo!”
“Impossibile. Guarda...non ci sei...”
“Ma come non ci sono! Ma figurati, l'ho installato! E poi guarda, guarda se ti dico la verità, eccoti qui: Marì. Vedi?”
Lei dà un'occhiata al tablet, poi mi rivolge uno sguardo compassionevole misto a pena e mi fa:
“Cretina. Hai installato Messenger.”

Questo per dire quanto io e la tecnologia andiamo a braccetto. Ho installato una cosa invece di un'altra, perché a me pareva uguale. E già qui ci sarebbe da approfondire.
Pochi giorni fa comunque ho installato per davvero WhatsApp. Ma non perché mi piacesse in particolar modo, ma perché ero rimasta l'unica sulla faccia della terra a non averlo. E se non hai WA non sei nessuno. Cioè, tu conosci una persona e quella la prima cosa che ti chiede non è “Quanti anni hai?” “Ndo stai?” “Cosa fai nella vita?” ma ce l'hai “WhatsApp?”.
Da qui si evince che sono una caprona che segue la massa e che si mette al passo coi tempi duemila anni luce dopo tutto il mondo. Ma davvero andavo ancora a sms o al massimo segnali di fumo.
Ho cercato informazioni del tipo “Perché dovrei installare WhatsApp?”
La risposta più profonda l'ho avuta da una mia amica che ha squittito “Perché ci sono le faccine!!”
Ecco, per le faccine. Evidentemente l'espressione della mia in quel momento le ha detto il mio stato d'animo perché si è affrettata ad aggiungere “Ma non solo per quello eh? Per un sacco di altre cose...bla bla bla...bla bla bla...”
Mi ha convinto. E queste faccine, queste faccine signoramia, ma cosa sono? C'ho preso gusto. Non mando un messaggio se almeno non metto una faccina, un simbolo, un cartello stradale, un segnale. Faccio anche i rebus, sfidando gli amici a decifrare le frasi. Voglio dire, avete voluto che installassi WA? E ora vi beccate i miei deliri. Figuriamoci se io mi limito a mandarvi un messaggio semplice, ma abbiate pazienza. Le faccine mi sprigionano la fantasia, tipo i bimbi con le costruzioni. E quindi spippolo come una bimba minchia qualunque. A 41 anni. Mi prenderei a sprangate da sola.
E comunque all'inizio non è stato facile. Io per WA ho un altro numero, quindi ho dovuto avvertire TUTTI i miei contatti della rubrica. Gente ganza, amici miei. Ergo: apriti cielo.

Il serioso che non capisce le battute:
“Ciao, registra questo nuovo numero per WA!”
“Chi sei?”
“Tua sorella!”
“Non ho sorelle!”

L'allarmista:
“Ciao! Questo è il nuovo numero per WA!”
“Chi sei?”
“Secondo teee?”
“Chi le ha dato il mio numero? Ora chiamo i carabinieri!”

L'orbo:
“Questo è il nuovo numero, finalmente ho WA. Registralo, sono la Simoooo”
“Oddio, ma nella foto cosa baci? UN RATTOOO???”
“È il cane di mi' madre.”

Il latin lover:
“Abbello registra sto numero. Sono Simona”
“Quale Simona? SimonaTetteGrosse, SimonaTetteaPera o SimonaBelleTette?”
“Le mie non rientrano in nessuna categoria. Non pervenute.”
“Ah, okay, sei la Fruzze.”

Senza considerare il delirio della spunta e del Tizio sta scrivendo...
Amiche che:
“Oddio ha letto il messaggio ma non mi scrive e pensare che l'ultimo accesso è alle 16.30 e sono già le 16.31!”
“È in linea ma non mi risponde il bastardo!”
“L'ha letto!C'è la doppia spunta!” E io che credevo che la doppia spuntas ce l'avesseros solos le spagnoles dopos un estates passata al mares senzas la protesion sui capellis. E per fuerza poi ti si sciupanos.


Poi ci sono un sacco di altre opzioni tipo:
-la casellina vocale-
mi hanno mandato un messaggio vocale che recitava la canzoncina dei sette nani “Eò!Eò! Andiamo a camminar!”, mentre l'artefice di cotanta prova era sul tapis roulant. No, non posso dire chi è, ne vale la sua reputazione. Sì, ognuna ha le amiche che si merita.

-Gli status-
mi hanno detto che ci puoi scrivere gli status, come FB, come Twitter. A me effettivamente mi manca scrivere du' minchiate anche lì e poi sono davvero in cielo in terra in ogni luogo e in tutti i laghi. Avevo, a dire il vero, notato che qualcuno ce l'ha. Frasi carine, alcune celebri, aforismi, citazioni, qualcosa che magari ti presenti a chi ti contatta. Bene. In capo a una settimana non ho ancora trovato nulla che mi aggrada. Non è vero: non ho ancora capito come minchia si fa.

-Mettere e cambiare foto al profilo-
-Quella col topo ragno di mi' madre è la prima che mi è capitata dopo aver digitato Galleria. Ok.
Poi mi son detta che la gente poteva scambiarmi per Licia Colò che bacia un sorcio e allora ho deciso di cambiarla. Mi ci è voluta mezz'ora per la ricerca tra le foto, che se tanto mi dà tanto dovrei mettermi già adesso a cercare quella da affiggere sulla mia tomba. Insomma, quasi un'ora per capì dove cercà, cosa fa', tagliarla e caricarla. Che io col mio ditino sghembo scivolo via sul tablet come un pattinatore 'mbriaco, quindi taglio dove dovrei solo spostare, sposto dove dovrei bloccare e bestemmio dove dovrei pregare. Ma così è. Alla fine l'ho messa. Ohhhh!!!Gioia e gaudio!
È sfocata.
Ma vaffanculo.

Però, c'è un però. Devo ammettere che è comodissimo, con tante cosine da mettere, da fare, da scrivere e che io ho visto (sul capire ancora ci devo lavorare) solo da poco. Cioè, credo di sfruttarlo al 2% delle sue possibilità e nonostante ciò, ho perso mazzi e mazzi di neuroni specchio, quindi son più scema di prima.
Ma ce la farò. Sono intelligente ma non mi applico, tutto lì. Perché per cosa mi pare sapeste come imparo in fretta. Uhhhhhhh!!non mi fate di' niente bocca mia statte zitta!
Comunque anche io c'ho WhatsApp.
Come ho fatto fino a ora a vivere senza? Come?



mercoledì 13 agosto 2014

Il potere della bicicletta.

Stamattina, posseduta dallo spirito di un ciclista, mi son detta: “Oggi niente macchina, vado a fare tutte le commissioni in bicicletta come un tempo. Checcevò?”
Il fisico innanzitutto. Perché a vent'anni, quando non avevo la patente lo facevo senza mani e a occhi chiusi. Stamattina sul ponte invece, se non mi rizzavo sui pedali ero sempre lì. Comunque dettagli.
Indosso dei leggins neri, una canotta, delle scarpe da ginnastica e via con la bici. Altro che Nibali.
La prima differenza che ho notato con la macchina è che andando in auto ti perdi un sacco di saluti. Tipo che ho fatto la prima tappa dal giornalaio e prima era: partenza da casa- giornalaio-buongiorno-il quotidiano-arrivederci. Stop.
Invece stamattina ho salutato un mucchio di persone.
Il vicino di casa intento a sistemare l'orto.
Al semaforo ho incrociato due turisti olandesi con la loro bicicletta super accessoriata. Hanno visto che leggevo sulle loro borsine senza capirci una fava, mi hanno sorriso, ho detto buongiorno, uno di loro mi ha detto Ccciuao! E una volta scattato il verde siamo ripartiti. Io per le mie commissioni, loro verso l'infinito e oltre.
Di ritorno dal giornalaio ho incrociato una carovana di ciclisti tutti bardati nelle loro tutine attillate nylon misto acrilico con dettagli di pelle umana e anche loro mi hanno rivolto un saluto caloroso manco avessi staccato il gruppo.
Poi ho incrociato un omino ciclista dilettante e mi ha salutato pure lui.
Ferma a un incrocio ho fatto passare una nonnina. Mi ha rivolto un bel sorriso e mi ha detto grazie e io prego e lei che giornata oggi e io ma davvero e lei l'estate quest'anno non è mai iniziata e io non ci sono più le mezze stagioni e nemmeno le stagioni e se non riprendevo a pedalare mi invitava pure a pranzo che aveva fatto le melanzane alla parmigiana, che con sto freddo si richiedono davvero.
Poi, per andare in banca ho attraversato il ponte che, come dicevo prima mi son dovuta mettere sui pedali. E la gente quando sei sul punte fasciata in dei leggins ritta sui pedali, saluta un casino. Ti suonano anche e io pensavo Ciao bello! Ma guarda te che calore sul ponte.
Al ritorno avevo più forza ed ero più allenata e allora sui pedali non sono salita e non mi ha salutato nessuno. Mi avevano già salutato prima, si vede. Il Santo mi ha detto che, se la prossima volta vado sui pedali sul ponte con la gonnellina, mi salutano di più e mi fanno anche la ola. Ora ci penso perché il saluto è bello. Quando sei in macchina tutti sti saluti, sti sorrisi, ste gentilezze, te le perdi.
Comunque mi son diretta in banca, ero sudata come se fossi appena uscita da una sauna e allora mi son detta 'Se entro in banca con l'aria condizionata a palla, tempo tre secondi mi prende una broncopolmonite letale e muoro. E non è bello morire dopo aver salutato un mucchio di persone.' E allora, dopo aver parcheggiato la bici sul cordolo del marciapiede, mi son messa seduta su una panchina ad aspettare di freddare un po' come quando aspetti che ti freddi la minestra.
Dopo dieci secondi arriva un vecchietto corpulento con una bici con un cestino di vimini bello grosso piazzato davanti. Penso che dentro quel cestino ci starebbero bene dei fiori, magari un mazzo di lavanda, ma l'omino non mi pare il tipo. Ha una stampella infilata lungo la bici, mi guarda e mi dice buongiorno e io rispondo buongiorno, e ho la sensazione di avergli 'rubato' il posto. Quella panchina, tutte le mattine, è sua. Stamani ci trova me. Scende dalla bici con cautela, sguaina la stampella e si siede nella panchina dietro di me. Io e lui seduti tipo sul divanetto dell'amore, schiena a schiena, testa a testa, con la stampella poggiata di traverso come per dire qui ci siamo noi.
Dalle sue spalle mi arriva la sua voce, mi dice che preferisce quella panchina perché è lontana dal passaggio delle auto che sennò si respira tutto il veleno e si sta male. Mi chiedo se sta dicendo a me, e infatti ci sono solo io nel giro di venti metri. Io annuisco, scioccamente. Non può vedermi, ma come sa che ho sentito, saprà anche che ho annuito. Tiro fuori dalla borsa il giornale. Se devo aspettare, tanto vale leggere per passare un po' di tempo. Se non avessi avuto il giornale forse avrei spippolato sul cellulare, o sul tablet o giocherellato con le chiavi o sistemato nella borsa. Ogni tanto però mi volto e mi aspetto che anche lui legga qualcosa, invece fissa i piccioni, alza la mano a qualche vecchietto più in là, ogni tanto tocca la stampella per vedere se è sempre lì. Si gode sto venticello fresco che stamattina scompiglia le foglie degli alberi e fa volare le cartacce che i ragazzini buttano in piazza.
Ho smesso di sudare, ora posso andare in banca. Mi volto per salutarlo e sorridergli, ma lui guarda altrove. Si gode il vento, questa mattina di agosto dall'aria settembrina. Si gode i gridolini dei bambini, i pettegolezzi delle signore davanti al negozio di alimentari, i discorsi sullo sport dei suoi simili, là in fondo, vicino al bar. Si gode il sole che filtra dagli alberi trasformando la sua camicia in un caleidoscopio di luci e ombre e si gode in dolce far niente, così raro in questa epoca in cui, se non fai nulla, sembra che tu non sia connesso, che tu non viva davvero la tua vita, mentre la vita, in fin dei conti, è tutta lì. È saper stare su una panchina tutte le mattine a guardar la gente, e dire a una con una canotta fosforescente che quella è la panchina migliore perché è lontana dal traffico. È usare una frase di circostanza per dirmi che quella è la sua preferita e che, se domani torno in quella piazza, lui lo ritrovo lì, con la bicicletta dal cestino senza lavanda e la stampella messa di traverso.





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