mercoledì 20 dicembre 2017

Il parto di Natale


Dopo il post di ieri, mi avete chiesto un parere sulla pubblicità della signora che partorisce al supermercato.
Al di là dei gusti personali vorrei come sempre porre attenzione alla dinamica dello spot in questione.
Allora: Super mercato, atmosfera natalizia, una coppia (lei incinta) che spinge un carrello con il primogenito infilato nello sportellino. Tutto sembra filare liscio tipo 'Ma a tu'madre cosa regaliamo? Un grembiule come l'anno scorso? Non è che ora, dopo la pubblicità di Pandora, ha delle pretese?', quando, davanti allo scaffale dei salumi, mentre lei si allunga per prendere un salame felino, ha una contrazione. Ma forte. Agguanta il braccio di lui reggendosi la pancia ( lui ovviamente non capisce, figurati, è lì che pensa 'sarà una colica dovuta ai fagioli di ieri sera') e lo implora con lo stesso sguardo che adotto io con mio marito quando voglio essere portata all'Ikea. A quel punto lui capisce che non sono i fagioli, che è na roba seria, segue sguardo di intesa con un pathos che manco a Il Segreto e la fa sedere sulla pila dei cotechini in offerta dicendo 'Qualcuno, per favore.' con la stessa intonazione e verve di un impiegato delle poste quando si inceppa la fotocopiatrice. A quel punto una solerte cassiera va ad avvertire l'omino che conosciamo bene, quello distratto che trascura la moglie, che pensa a mettere dritti gli zucchini e a chiudere gli occhi alle banane, che riporta le bamboline a casa... insomma lui, dicevo, agguanta il microfono e invece di intonare 'tu scendi dalle stelle' come suggerisce il periodo, chiama il dottor Carpi che, intento a infilare le melanzane nella busta, pensa 'Ma che coglioni! Manco la spesa in pace posso fa'!' L'omino che trascura la moglie fa chiamare un'ambulanza mentre le cassiere e quelle del reparto salumeria intrattengono il primogenito facendolo giocare con il caffè istantaneo in offerta, e tutti e tre prelevano la signora dalla postazione per adagiarla nello spogliatoio del personale insieme ai piumini e le scarpe di ricambio. Qui viene fatta stendere sul tavolo dove sti pori cristi fanno colazione e l'inquadratura dei commessi e delle cassiere parla chiaro: "Certo, un telino ce lo potevano almeno mettere. Colcazzo che ci ri-faccio colazione sul quel tavolo." La signora nel frattempo si dimena come un'anguilla mentre il dottor Carpi ravana nella grotta di Betlemme. A noi a questo punto ci verrebbe da dirgli 'A coso, guarda che non le si sono manco rotte le acque. Ma cosa ravani che questa arriva a domattina mentre vi consegnano i pelati.' Ma invece no, l'agitazione è alle stelle. L'omino distratto, come in un film tipo Piccole Donne, chiama una commessa e le dice:"Presto! Acqua calda e asciugamani puliti!" ma lei torna tutta trafelata correndo con le sue ciabattine con cotone, garze, disinfettante e salviette giustificandosi con 'Dotto', erano in offerta!' Nel frattempo le persone non è che si levano dalle palle e continuano a fare la spesa, no. Son tutti lì tipo davanti al grande schermo alla finale dei mondiali di calcio ad aspettare i calci di rigore, fermi immobili come le belle statuine. Il dottor Carpi nel frattempo sta smadonnando 'Ma l'ambulanza dove minchia è?Accidenti a me e a quando son venuto a fare la spesa!' e che è incazzato si capisce dalla foga che mette nei movimenti: a metà strada tra l'impastare la pasta della pizza e stringere lo sifone di un lavandino con un ghigno che Freddy Krueger scasate. Poi però il miracolo della vita: un pianto, dei piedini, la gioia dei genitori. Dalla cassa 5 si leva un boato di grida e applausi manco avessimo vinto la finale e il dottor Carpi li guarda con un sorriso sardonico sibilando un 'Buon Natale' con sottotitolo 'Buon Nataleuncazzo che m'avete rovinato la cena, voi, l'omino distratto e sto supermercato demmerda che giuro sulle salamelle non mi rivede più. Ah, e già che siamo a dirsele: il vostro pane sembra truciolato, fa cagare."
Poi l'omino distratto abbraccia il neo papà che pensa 'Almeno un pandoro gratis me lo darà?' e la scena si chiude con un'inquadratura che passa attraverso un buco (metafora della vita?) in cui si intravedono delle persone che fanno festa.
Del vero eroe di questo spot, il dottor Carpi, si sono perse le tracce, ma pare lo abbiano trovato un'ora dopo nel parcheggio a urlare in faccia a quelli del 118 'Ma dove eravate, eh? Dove??? Mi avete fatto perdere una cena, inetti che non siete altro!' percuotendoli ripetutamente con una baguette. Di truciolato.

#lepubblicitàquellebelle

giovedì 14 dicembre 2017

Modella STYLOO(sa) per un giorno




"Simona, di qua!"
FOTO FLASH! FOTO FLASH!
"Simona, Simona! Da questa parte!"
FOTO FLASH! FOTO FLASH!
"Simona, un sorriso!"
FOTO FLASH! FOTO FLASH!
"Salve, sono di Cavalli & Segugi, i nostri lettori vorrebbero sapere cosa ne pensa delle briglie tempestate di swarovski del pony di Madonna."
"Salve, sono di Diva(no) Donna e Donnola, le nostre lettrici vorrebbero sapere se a Natale presenzierà alla Casa Bianca vista la sua amicizia con quell'icona di stile di Melania Trump! "
"Vi prego, uno alla volta. Dove è il mio chihuahua? (E il mio agente? Dov'è quell'inetto del mio agente quando serve?) Essere una donna famosa è così faticoso, a volte!"

Ecco, questo è quello che mi sono immaginata quando sono stata contattata da Styloo per una collaborazione.
"Salve, sono Valentina del team Styloo. La contatto perché ci piacerebbe averla come donna immagine per il nostro negozio di abbigliamento e oggettistica per la casa."
"Mi sa che avete sbagliato persona."
"Lei è Simona Fruzzetti codice fiscale SMNFR..."
"Sì, sì, allora sono io."
"Bene, come le dicevo la stiamo contattando perché..."
"Aspetti un attimo."
"Che c'è?"
"Negozio di abbigliamento, ha detto? No, perché forse c'è un errore, cioè se mi contattate per smistare le mail, portare i caffè e fare le fotocopie, ok."
"No, la contattiamo perché ci piacerebbe una collaborazione con lei."
"Con me."
"Certo, con lei. Potrebbe diventare la nostra donna immagine."
"Donna immagine."
"Ma perché ripete quello che dico?"
"Lo faccio sempre quando sono agitata."
"È agitata, adesso?"
"Un po'. Mi sta dicendo che dovrei indossare i vostri abiti?"
"Sì, probabilmente anche qualche intervista. Ad esempio che taglia porta?"
"Quarantakahjuhgkhi"
"Come?"
"Quaranta."
"Oh, bene."
"No, male. Ho mentito."
"Una 38?"
"Voi di Styloo siete persone ottimiste, ve l'hanno già detto?"
"Una 42?"
"Sotto."
"Sotto la 42?"
"No, sono 42 sotto se mi cospargo di grasso di foca e infilo gli abiti a forza, e 44/46 sopra."
"Uh, un bel seno!"
"No, manco quello. Ho solo due spalle che sembro un culturista."
"Ma la sua forma è bellissima! È così rara!"
"Lo so. Per farmi spezzare un tailleur spesso sono costretta ad abbattere le commesse a colpi di gruccia."
"Lo sappiamo."
"Lo sapete?"
"Sì, la seguiamo da un po' e ci siamo decisi a contattarla. Lei  è perfetta per noi, incarna la donna che cerchiamo per la nostra azienda: moderna, dinamica, ironica, che sa prendere la vita con leggerezza, ma con un occhio attento e sensibile al sociale. Ci terremo tanto, ma la preghiamo di dare prima un'occhiata al sito. Vorremmo che fosse una collaborazione 'sentita'."
"Giusto, già questo vi fa onore, si capisce che siete professionali. Mi dia il link, ma, aspetti un attimo...vendete trattori, seghe circolari, tappetini per auto a due posti, ammazza zanzare fosforescenti o lampade a forma di gnu?"
"Prego?"
"No, è che in questi anni mi hanno proposto un po' di tutto e io in genere rifiuto una collaborazione che non sento nelle mie corde, ma se non vendete 'ste robe qua, si parte già bene. Però vedo... orpolà... un bel sito davvero... bellissimi capi... prezzi competitivi... uh che bell'abito, dice che questo colore mi potrebbe donare?... Uh, vedo che Styloo è anche un progetto sociale che si occupa del reinserimento lavorativo di donne e ragazzi con un passato di disagio familiare."
"Sì, è quello che non si vede e non traspare, ma ne andiamo molto fieri. Styloo è anche questo."
"Devo dire che mi avete conquistata."
"Il suo è un sì?"
"Il mio è un sì?"
"Sta ripetendo di nuovo. È ancora agitata?"
"Sono ancora agitata? Lei che dice?"
"Io dico che dovrebbe accettare. Ci piacerebbe moltissimo."
"Lei mi lusinga e spero di non deludervi, io non so' la Ferragni."
"Ferragni chi?"
"La amo, signora Valentina. Il mio è un sì."

Bene: sono lieta di annunciarvi il primo piccolissimo passo verso (si spera) una collaborazione con Styloo, negozio di abbigliamento e articoli per la casa veramente, ma veramente bello. Date un'occhiata al sito e ditemi se sbaglio. Magari ci potete trovare anche qualche regalo di Natale, visto il periodo.
Ovviamente vista questa grande e bella novità io sto già preparando il red carpet e una penna che scriva decentemente, per firmare autografi  e frasi profonde sui vostri avambracci qualora foste sprovvisti di notes (sto cercando pure un chirurgo plastico, ma sono dettagli che devono rimanere tra noi.)

Questa volta la Ferragni ha da trema’ per davvero, io ve lo dico.



giovedì 30 novembre 2017

CANDY CANDY (Mo' ve lo spiego)






(Foto: https://scarletboulevard.com)


Allora, c'era una volta un'orfanella di nome Candy che fu abbandonata insieme a Annie in un orfanotrofio che si chiamava 'Casa di Pony'. È già qui ci sarebbe qualcosa da obiettare, perché ti immagini le bambine con code di cavallo azzurre e fluenti, che parlano con unicorni coi colori dell'arcobaleno. Ma i minipony verranno anni dopo. Comunque. La nostra sfigatella Candy come amico chi c'ha? Un gatto? Un cane? Un amico immaginario? No, un procione, animale notoriamente addomesticabile come un lupo marsicano che non mangia da otto mesi. Però il suo sfregarsi le zampette continuamente ce lo rende simpatico perché pare che dica 'A me della fine che farai memportanacippa, me ne lavo le mani.'
Un giorno sulla collina ha una visione. No, non siamo a Medjugorje e non è la Madonna, ma un tipo con il kilt che suona la cornamusa. Lei pensa: 'vuoi vedere che è quel gran pezzo di gnocco di Mel Gibson?' invece le va male perché è un biondino slavato che perde pure una spilletta mentre danza manco fosse un Roberto Bolle sbadato qualsiasi. Ma anche qui non poteva essere Mel Gibson perché Brave Heart è arrivato dopo. Comunque. La nostra Candy viene adottata da una famiglia in cui ci sono due figli simpatici come una rettoscopia e viene costretta a fare la cameriera e pulire le stanze al grido di 'Ti va di culo che non ti chiamiamo Cenerentola. E ora pulisci il camino, movite.' Dopo aver lucidato pure lo zerbino la nostra Candy riconosce il tipo ballerino con il kilt e scopre che si chiama Antonio, Antony per gli amici. Non fa in tempo a di' 'Mmh, però... chissà se suona pure il trombone', che questo je more cadendo da cavallo. Praticamente un rincoglionito. A lei piglia male e al grido di 'Mai una gioia!' torna all'orfanotrofio sperando che al posto dei pony ci sia uno stallone pronto a consolarla. Tra un cavallino, un trombone e un arcobaleno, la nostra Candy cresce e viene invitata a studiare a Londra in un prestigioso college. Qui incontra degli amichetti suoi che si chiamano come due marche di scarpe (Archie e Stear) conosciuti anni prima e pure Neal e Iriza della prima famiglia adottiva. Sì, lei è quella simpatica come un reflusso gastroesofageo. Qui Candy incontra Terence che con la tempra del maschio alfa le fa capire di non avere né una cornamusa, né una chitarra, ma se vogliono mettere su una band lui ci sta: lei suona il piano, lui la tromba. Ovviamente con lo gnocco di turno l'amore poteva essere solo travagliato: le persone gli si mettono contro, lui vuole essere portato in esterna da un casino di pretendenti e Candy deve gestire Iriza che invece di esclamare 'No, Maria, io esco!' fa uscire Candy dalla scuola. A quel punto la coppia si divide: Terence tenterà la fortuna di attore e verrà preso due anni dopo a Cento Vetrine e lei farà carriera come infermiera a Chicago ripiegando, nel tempo libero, come ballerina in un Night Club facendosi chiamare Caterina Zeta Jones. Qui tutto sembra evolversi per il meglio, ma NO. Terence invita Candy a uno spettacolo, l'amore sembra riacceso, ma poi una collega si fa male a una gamba, lui dice 'è colpa mia se mo' va zoppa' e decide di sta' con la tipa anche se non la ama. Sta tipa però capisce che lui sta con lei solo per pena ma ama Candy, quindi per lasciare campo libero si vuole uccidere ma Candy la ferma in tempo al grido di 'Ma nun fa cazzate, ma per un omo? MA TE PARE?' e lascia di nuovo Terence. Si ritroveranno anni dopo dalla D'Urso a vedere filmati in cui la tata di famiglia fa vedere le foto dei minipony.
La stagione finisce con Candy in compagnia di un certo Albert William Andrew che, detto tra noi, c'ho sempre da capi' chi cazzo è.

lunedì 13 novembre 2017

Io al Pisa Book Festival


Sono viva. Dato da non sottovalutare per due motivi, uno: tre giorni di fiera mi hanno sfiancano così tanto che a un certo punto parlavo da sola, sentivo le voci, e come il bambino del sesto senso, vedevo la gente morta. Due: mettete 12 donne che non si conoscono a condividere un evento, ognuna COL PROPRIO LIBRO da promuovere e vendere e ditemi se non vi vengono in mente i duelli all'ultimo sangue. Avrei scommesso che sarebbe finita a coltellate e con un morto in prima pagina sulla cronaca nera de IL TIRRENO e invece no, siamo vive e vegete. Non solo: siamo state collaborative, cortesi, simpatiche l'una con l'altra. Ewwa forse sceglie bene le proprie donne. O quelle in gamba scelgono Ewwa, fate voi.
Comunque.
Tre giorni intensissimi dove probabilmente io sarò ricordata come:
-quella che aveva sempre il telefono in mano. D'altronde sono UNA RAGAZZA molto social. Il fatto che poi non associ il vostro viso al vostro nome è solo un dettaglio.
-quella che adescava vecchietti con numeri di burlesque.
-quella che ogni mezz'ora diceva: "Io ho fame. Vado a prendere un panino. Volete qualcosa? Una lasagna? Un arrosto con patate? Del cinghiale in umido con le olive? Ve lo porto un caffè? Tanto non lo pago. HO FAME. HO FAME. HO FAME."
-quella che, impossibilitata realmente a mangiare come se fosse nella sua cucina, si limitava a ciucciare le caramelle. Ora infatti ho il diabete.
-quella che è stata definita SPUMEGGIANTE. Se proprio devo essere uno spumante, voglio essere quello BRUT, perché è SECCO, of course.
Le mie donne ewwine invece sono state tutte carine e simpatiche, qualcuna ha fatto numeri con acqua gassata innaffiando tutto lo stand (panico e fuggi fuggi manco fosse stato uno tsunami), un'altra ci ha deliziato con dei numeri di prestigio perché ci ha fatto sparire da sotto gli occhi un libro e noi non ce ne siamo manco accorte, un'altra ha fatto da untrice spargendo influenza a tutta randa, tanto che è stato allestito di fianco a noi un salottino per la rianimazione, un'altra ancora si è improvvisata cassiera facendo un lavoro ineccepibile, come pure un'altra a far la ragioniera. Ci mancava il poliziotto, il farmacista e il vicario e poi sembravamo un allegro villaggio dello Yorkshire.
Io ero troppo impegnata a far rispettare le dosi delle pastiglie ai vecchietti e ricordare loro l'esame per la prostata per star dietro a queste amenità.
Ho stretto amicizia con il ragazzo che faceva il 'buttadentro' alla sala davanti a noi, tanto da essere considerata il suo braccio destro. Alla fine, vista la sua giovane età e il fatto che lo rifocillavo con caramelle, acqua, considerazione, suggerimenti e consigli, al mio 'copriti quando esci che ti piglia un coccolone', mi ha risposto 'Sì, mamma.'
Quindi, ricapitolando: o mi vedono come Nonna Abelarda o come mamma. Mai 'na volta che mi vedano come Victoria Silvstedt o Belen Rodriguez.
Tirando le somme è stata un'esperienza bella e costruttiva che mi ha dato la possibilità di conoscere le altre Ewwa, di far conoscere i miei libri, ma più di tutto di incontrare tanti di voi (siete stati tantissimi!) che, sfidando maltempo, mariti, influenze, parcheggi impossibili e file chilometriche, siete venuti per conoscermi di persona, acquistare i libri e per abbracciarmi. In una parola: LA GIOIA, proprio.
p.s. già vi vedo, al calduccio di casa vostra, pensare:
1 chi me l'ha fatto fare
2 era meglio se andavo a coglie' i funghi
3 su Facebook sembrava più simpatica
Perché figa lo sono sempre, ovvio.

giovedì 28 settembre 2017

Dai retta a mamma - Guida per ragazzi che si affacciano sui social

                                                                            (Foto: www.focusjunior.it)


Figlia mia, anche tu un giorno ti affaccerai sui social e sarà la fine  quando avverrà sarò contenta;  è giusto che  tu abbia questo modo bizzarro di confrontarti col mondo. Lascia solo che ti dia qualche consiglio per far sì che questa esperienza ti arricchisca e non ti faccia valutare l’ipotesi di fare una strage di anime innocenti.

-Metti una foto profilo che ti rappresenti. Niente gattini, niente cucciolini, niente orsetti. Chi sei, un veterinario? No. E niente melanzana, niente carota e soprattutto niente patata, sei forse un’ortolana? Nemmeno. Anche se, ti avverto, potresti trovare nel tuo cammino piselli in bella vista perché qualche ortolano che vende o regala mercanzia c’è, ma saprai riconoscerli subito perché in genere sono amici di creature leggendarie: corpo di uomo e testa di cazzo. 

-Evita di parlare di soldi, religione e politica, sono temi che infiammano il popolo dei social. Quanto guadagni, chi preghi e chi voti, fa parte del pacchetto ‘vita privata’. Perché tu dovessi prendere una querela, con quello che guadagno  non posso permettermi un avvocato, grazie a questo governo ladro. Signore aiutaci tu.

-Se ti capita in chat un tipo che si esprime così: “Se ti avrebbi conosciuto prima penzo ke mi fossi innamorato di te,” scappa. Anzi no, chiudi tutto. Cancellati. Dai fuoco al computer.

-Te lo dico subito: verrai taggata ad minchiam. Capita a tutti almeno una volta nella vita e capiterà anche a te, diciamo che è una sorta di battesimo. Se almeno una volta non sei stata taggata nel biglietto natalizio coi lustrini insieme a 64083 persone, non sei nessuno. Se almeno una volta non sei stata taggata nella pubblicità dello sturalavandino col cinquanta per cento di sconto, sei una nullità. Quindi, se dovesse capitare, gioisci a mamma. Non è un problema.

-Capiterà anche che ti aggiungano ai gruppi senza chiedertelo. Anche qui, se non ti capita almeno una volta, non puoi dire di stare al mondo. Quindi, se dovesse capitare, incazzati a mamma.

-Se soffri di gastrite evita post su temi scottanti del momento tipo #vaccini #trump #despacito. Potresti leggere cose che ti faranno rimpiangere “se io avrebbi”.

-Ogni tanto ricordati di dare un’occhiata alla cartella ‘messaggi in sospeso’. Potresti accorgerti di aver ricevuto 18 dichiarazioni d’amore, 7 anelli di fidanzamento virtuali e una proposta di matrimonio da uno sceicco. Dopo esserti fatta una risata cancella tutto. A meno che lo sceicco non ti regali uno yacht o il suo aereo privato; in quel caso ne parliamo un attimo.

-Stai lontana dai polemici. Non chiedermi perché. Perché sì, fidati di mamma tua.

-Non accettare l’amicizia da chiunque, prima controlla il profilo, poi valuta. Se è un ortolano o un amico di “Se io avrebbi” lascia stare.

-Non lasciare che qualcuno occupi abusivamente la tua bacheca. È come se fosse casa tua, devi decidere tu cosa metterci e cosa no. E ogni tanto, visto che non la fai nella tua cameretta, almeno qui fai un po’ di pulizia.

- Sappi che verrai invitata a degli eventi di cui non ti frega un cazzo a milleduecento km da casa tua, tipo a un aperitivo della durata di 45 minuti nel quale un tizio, di cui ignori l’esistenza, presenta un manuale su come svitare accuratamente una lampadina. Sorvola, dai retta a mamma. A meno che tu non abbia accettato la proposta di matrimonio dello sceicco. In quel caso, con l’aereo privato, arriveresti in un battibaleno e faresti pure un figurone. Nel caso, ricordati farti un selfie e taggare tutti gli invitati all’evento.

-Infine: partecipa a dibattiti, di’ la tua, fatti sentire, ma sempre con sobrietà e rispettando il prossimo. Confrontati. Argomenta. E sappi che qualsiasi offesa o ingiuria scritta sui social ha lo stesso peso della vita reale. Quindi impara anche a tutelarti e nel dubbio screeshotta.
Screenshotta sempre.

Dai retta a mamma.









lunedì 25 settembre 2017

Dietro le quinte di un romanzo: domande e curiosità.


L'altro giorno un'amica mi ha chiesto: "Ma i titoli dei tuoi romanzi, come ti vengono?" Da questa semplice domanda ne sono partite altre a raffica sulle curiosità che riguardano i miei libri e ho deciso di fare un post in cui vi racconto un po' di aneddoti e curiosità (senza spoilerare troppo, ovvio)
Per prima cosa rispondo proprio a lei:
Per quanto riguarda i due romanzi con la Piemme, i titoli sono stati concordati con l'editore. In genere loro mettono sul tavolo una rosa di titoli, io una rosa dei miei (ci pensiamo insieme diciamo) poi se ne parla, si tirano le somme e si sceglie. Io ho avuto la fortuna di avere 'voce in capitolo' perché a volte un titolo viene imposto all'autore più o meno velatamente.
Per Chiudi gli occhi l'ho scelto quasi a metà stesura e per chi ha letto il libro  capisce il perché ;-)
Per Come hai detto che ti chiami? la scelta è stata istantanea, fulminea, era già nella mia testa prima di buttare giù la scaletta. Qualcuno ha detto che usare un punto interrogativo nel titolo (una domanda, in pratica) è una mossa azzardata e inusuale. Ma io amo le sfide, che ci volete fare.
Piccola curiosità: in questi due e in quello che sto scrivendo il titolo è presente all'interno del libro. È una cosa che proprio  mi piace ritrovare nel testo; che sia in un dialogo, in una descrizione, in un pensiero del protagonista poco importa.

Ven­ni istruita su cosa dire, ma so­prattutto su cosa non dire. 'Lascia parlare me, Jordan. Chiudi gli occhi, adesso. Non è successo nulla.' Come se solo chiuderli, fosse bastato a cancel­lare l'orrore che avevo vissuto.

Come l'ha chiamata lui? Una botta e via? Bene, ho a che fare con un serial lover, di quelli che non ci pensano su un attimo a sdraiarti sul tavolo di cucina o spalmarti su un letto, per poi chiederti mentre si rivestono: «Come hai detto che ti chiami?» E conoscendolo, non penso nemmeno faccia troppa fatica a collezionare gentil donzelle, anche sposate.


Ma ora veniamo alle curiosità:

Chiudi gli occhi


-Mike in origine si sarebbe dovuto chiamare Robert. Nome che a me piace molto, ma durante la stesura l’ho trovato più volte ridondante e la scelta è caduta su Mike. Più corto e, per il personaggio, più incisivo.
-Inizialmente a Jordan avevo dato una figlia. Strano vero? Ho ancora alcune bozze con alcuni appunti sulla bambina, prima ovviamente di dare al romanzo l’impronta di adesso. Inconsciamente quella che doveva essere la figlia si è tramutata in Billy.
-Boogie, il cane, non era previsto.
-La storia è ambientata in Irlanda, terra che sì mi ha ispirato e aiutato nella stesura, ma il romanzo è nato nelle vallate verdissime del Galles. Ricordo una distesa di erica, una pioggerellina fine, il silenzio assoluto. Jordan, con la sua storia, è iniziata lì.
-La scena del parto della mucca, e tutto quello che concerne il tema ‘psicologia’ e ‘psichiatria’ è frutto di un attento, faticoso, ed estenuante studio sulla materia (e sul campo). Praticamente sono tornata sui libri.
Postilla: Ken Follett dedica alla ricerca e allo studio dei suoi libri il primo anno di lavoro. Io manco vi sto a di' quanto tempo ci ho messo, infatti non sono Ken Follett.


Mi piaci ti sposo



-In origine si sarebbe dovuto chiamare in un altro modo, ancora più romanticoso. 
-È nato da un post. Il primo capitolo, leggermente rivisitato, è presente nel blog. Tutto era iniziato come un semplice esperimento con le lettrici: "Datemi dei nomi e vi creo un racconto." Ecco, mi sono lasciata prendere la mano perché ne è nato un romanzo.
-Anita esiste davvero, è una badante con la quale ho avuto a che fare per molti anni. Tutto quello che è stato descritto è ispirato a lei. E pensare che all'inizio le avevo riservato un ruolo molto molto marginale.
-Non ho mai vissuto a Milano e l’ho visitata solo poche volte. Tuttavia in parecchie recensioni mi sono stati fatti i complimenti per l’atmosfera milanese ricreata. O assorbo molto bene le informazioni o so usare molto bene Internet e tutto quello che può offrire, compreso Google Maps :-)


Parigi mon amour

-Lo stesso non si può dire di Parigi che invece conosco quasi come le mie tasche. Per un epilogo così romantico non potevo non scegliere la città dell'ammmmore per eccellenza.
-La scena in cui Alice si fa fare il ritratto l’ho vissuta davvero, con lo stesso stato d'animo.
-La storia della scarpetta di cristallo e il gran finale, non sono propriamente inventati. Come ho specificato nei ringraziamenti sono tutte cose che ho vissuto. No, la scarpetta non l'ho comprata e nessuno me l'ha regalata MA ESISTE. 
-Per questo romanzo mi sono fatta una cultura di abiti da sposa e wedding planner che lèvati. Ora potrei aprire un atelier.

Come hai detto che ti chiami?


-Giulia Agrippina e Valerio non si sarebbero dovuti incontrare come avete letto, ma tramite un annuncio affisso a una bacheca dell’università frequentata da Giulia.
-La copertina attuale è stata scelta tra quattro bozze e lo sfondo iniziale non era verde Tiffany, ma grigio. Questo sfondo l'ho voluto fortemente.
-La ragazza raffigurata in copertina è un'attrice.
-Gatto è liberamente e spudoratamente ispirato a Charlie.
-La casa di Giulia e Marco è la descrizione della mia vecchia casa, quando abitavo in centro.
-Valerio non esiste.

Le domande delle lettrici.

Simona chiede: quanto di tuo c'è nei tuoi romanzi? Mi va bene la percentuale.
Diciamo un 50 e 50. Ovvio che ogni romanzo non è la mia storia e non c'è niente di autobiografico, ma più o meno involontariamente la 'mia presenza' si avverte. Alcuni pensieri e/o azioni sono miei senza dubbio, altre volte sono costruiti proprio per dare spessore e coerenza al personaggio. Sì, a volte ho fatto fatica a far dire o far fare qualcosa alla protagonista, qualcosa che si discostava molto dal mio modo di fare e/o pensare, ma credo sia normale questo. Bensì la scriva io non è la mia storia, è la loro.

Marzia chiede: in Come hai detto che ti chiami? il nome ha suggerito il personaggio o il personaggio ha suggerito il nome?
Senza dubbio la prima che hai detto. Infatti tutto è nato dalla primissima frase buttata giù: "Ciao, sono Giulia e sono sobria da un mese." che poi è l'inizio del romanzo. Da lì è nato tutto e chiaramente essendo un romanzo centrato sui nomi, è il nome che ha creato il personaggio e non viceversa anche se Valerio, per ovvi motivi,  non poteva chiamarsi Sandro. 

Barbara chiede: qualcuno della tua famiglia è mai apparso o apparirà nei tuoi romanzi?
Nei ringraziamenti di Come hai detto che ti chiami? lo dico piuttosto chiaramente: la figura di nonna Italia è per molti versi la mia adorata nonna. Non solo: molti aneddoti bizzarri del libro che la riguardano non sono inventati, ma sono appartenuti veramente a lei. Infatti i familiari che hanno letto il libro l'hanno riconosciuta subito e, ovviamente, ha fatto loro piacere perché nonna Italia è uno dei personaggi più amati dai lettori.
Mi piacerebbe leggere un tuo romanzo giallo, ma ironico e comico. In futuro sarà possibile?
Mai dire mai! In effetti mi divido tra l'ironico e il romantic suspense, quindi perché no? Potrebbe essere un connubio perfetto. Vedremo, sono pronta a tutto.

Elisabetta chiede: invenzione, fatti di cronaca, conversazioni origliate sbadatamente, quanta realtà e quanta fantasia nei tuoi scritti?
Anche qui direi un 50 e 50. Mi ritengo una grande osservatrice quindi tutto quello che vedo o sento, mi è sempre tornato utile per i miei romanzi. L'invenzione di una trama, anche se semplice, deve essere supportata da una ricerca per evitare di scrivere castronerie. Mi è capitato più di una volta, l'ultima proprio ieri pomeriggio, di fare domande specifiche per non incorrere in inesattezze. Ecco, magari per una conversazione origliata io sarei capace di costruirci una trama e poi un romanzo. Pensa che quello che sto scrivendo è nato da un'immagine di una manciata di secondi. Una folgorazione. Volente o nolente sono una spugna: anche senza volerlo assorbo informazioni, voci, suoni, atmosfere che poi riverso sui miei scritti.
Ergo: pensa te che casino perenne c'ho in testa.


Grazie a chi ha partecipato a questo ennesimo 'esperimento', sia mai che ci nasca qualcosa di nuovo.










lunedì 19 giugno 2017

Recensione: Bridget Jones's Baby

                                                                                       (Foto: https://en.wikipedia.org/)


Allora, c'è questo pensiero comune che la famosa Bridget Jones (nata dalla squisita penna di Helen Fielding) sia di fatto una sfigata. Ora, parliamoci chiaro: una che si fa Daniel Cleaver (Hugh Grant), Mark Darcy (Colin Firth) e infine Jack Qwant (Patrick Dempsey) vi pare una sfigata? 
Comunque.
Il terzo capitolo della saga si apre con la nostra beniamina parecchio più magra, un po' invecchiata e abbastanza rifatta. Lavora in uno show televisivo e fa quello che faceva Boncompagni con Ambra: suggerisce frasi a cazzo nell'auricolare. Ovviamente la sua migliore amica è quella che riceve suggerimenti ad minchiam e invece di dirle 'posa il fiasco perché me fai fa' figure demmerda', si mette d'impegno per trovarle un uomo. E dove vanno? Dalla De Filippi a Uomini&Donne? No, la trascina tipo a un rave al grido di 'sesso, droga e rock and roll' e le dice "Ti ho portata qui perché ti devi sbloccare, devi ritrovare la gioia di vivere quindi devi fare sesso col primo che incontri!"
Praticamente si deve trasformare in breve tempo in una ornitologa: deve circondarsi di uccelli.
E secondo voi qual è il primo uomo che incontra? Danny De Vito? Jack Black? Woody Allen? No, PATRICK DEMPSEY. Ma pensa te che culo. Dopo averla salvata da una pozzanghera di fango nella quale lei era caduta (citando pure Cenerentola) lei pensa "Ma guarda questo che carino." Ma mica pensa a quello che le ha detto l'amica, ennò! Perché la nostra Bridget è pur sempre una stordita.
Fatto sta che Bridget perde la sua amica durante 'sto rave e cammina cammina, cerca che ti ricerca, entra per sbaglio in un alloggio di questa fiera della porchetta (una tenda tipo riserva indiana) e chi ci trova dentro? Toro seduto? Geronimo? Balla con le pantegane? No. Ci ri-trova Patrick Dempsey. Quando si dice la fortuna! E lo trova vestito di un'armatura? NO. Lo trova a LETTO, NUDO.
Qua da commedia diventa un film di fantascienza. Ma ancora non è finita siore e siori, perché senza manco conoscersi lui che fa? La invita a dare 'una ramatina' (Ceccherini ne 'Il Ciclone' cit.). In men che non si dica lei si fa Patrick Dempsey e torna al suo lavoro felice e contenta. E ce credo, pora cocca.
Pochi giorni dopo purtroppo è al funerale di Daniel (In teoria, perché in pratica il corpo non si trova, ndr) e lì incontra Mark Darcy che però (Mica le puoi avere tutte vinte!) è sposato. L'attrazione c'è ancora, l'affetto pure e dopo poco (ma allora dillo che c'hai più culo che polmoni, fija mia) lui le dice che sta divorziando, che la ama e bla bla bla e finiscono a letto. TUTTO STO BEN DI DIO NEL GIRO DI UNA SETTIMANA.
Mentre la sua amica le dice "Sono felice che tu mi abbia preso in parola, ma datte na carmata che c'hai più uccelli intorno te che una voliera" la nostra Bridget scopre di essere incinta. Ovvio che non sa manco da che parte girarsi e comincia la diatriba "Chi sarà il padre, Mark o Jack?" Io intanto le urlavo dal televisore "Che te frega, sarà figo a prescindere!".
Con la gravidanza facciamo la conoscenza della ginecologa che tutte vorremmo avere: una splendida Emma Thompson carica di ironia, sarcasmo e cinismo. Guiderà Bridget per tutta la gravidanza al grido di "Ma che te ne fai degli uomini? Tanto la devi far uscire te una testa grossa come un melone da un buco piccolo come una nespola, mica loro!"
Inizia così la guerra tra i due padri: chi le porta il caffè, chi le brioches, chi le fa i massaggi, chi le regala fiori. Alla fine  lei li sfancula tutti e due perché "Sì, sei molto bello, hai fatto Grey's Anatomy, sei un icona sexy di mezzo mondo e la Fruzzetti per te scalerebbe anche il K2 con sua suocera sulle spalle, ma NO. Non mi garbi." e "Voglio Mark, voglio Mark, voglio Mark, ma tho, guarda è con sua moglie quindi anche se aspetto un figlio da lui sai che c'è? Fanculo. Non lo voglio più."
Praticamente Bridget non ci sta a capi' più un cazzo.
Arriva il giorno del parto e la nostra Bridget (che viene licenziata a forza di dare suggerimenti di merda, vestirsi come mi'nonna e scambiare un autista per un generale) ha accanto comunque i due uomini. È chiaro a tutti, pure alla ginecologa, che Bridget pende un po' di più per il buon caro vecchio Mark, ma fino alla fine non si scoprirà chi sia effettivamente il padre.

(Voci di corridoio fanno sapere che dopo il film centinaia di donne sono entrate a sorpresa nelle tende di indiani, circensi e campeggiatori con la speranza di trovarci un Patrick Demsey nudo qualunque che, facendo l'occhiolino, domandasse loro: "Dos il ramatos? Eh?" 




lunedì 29 maggio 2017

Craft: le cassettine porta oggetti.




Allora. Succede che veda un fruttivendolo gettare della cassette di legno, ma non cassette qualunque, cassette che contenevano ciliegie. Quindi piccole. Succede che al resto del mondo SEMBRANO delle semplici cassette (da buttare) tranne alla sottoscritta che pensa "Ma va' che belle! Cosa ci potrei fare?"
Dopo aver spulciato qualche link dove davvero ci mancava il poterci fare la doccia e poi sarebbero servite a tutto, ho deciso di partire dalla cosa più facile: delle cassettine porta oggetti.
(Forte del fatto che non ho dovuto comprare nulla tranne le tinte) - (Sì, nella craft house ho parecchio materiale) 
Le cassette, prima di diventare come la prima foto, erano così:

Su suggerimento dell'omino della ferramenta (sempre sia lodato) ho dato prima una mano di cementite (sennò colcà che lo smalto ci sta) e poi una bella passata di smalto bianco (che fa presto anche ad asciugare)


Ho lasciato poi asciugare le cassettine, ma nel frattempo vuoi stare ferma? Ennò! Mi sono messa a fare delle prove, a scegliere i nastri, i bottoncini, a creare piccole decorazioni per abbellire le mie scatoline.
 Dopodiché ho pensato all'interno (in origine bruttarello visto che è pure tutto bucherellato.) Ho preso del cartone spesso e scelto delle stoffe che potevano fare pendant con i nastri con i quali avevo decorato l'esterno. (sì, se ve lo state domandando è sì: pure la stoffa avevo.)
Ho tagliato il cartone a misura e l'ho foderato aiutandomi con la colla a caldo. Poi, l'ho pressato per bene all'interno.

La cosa più divertente sono stati gli abbinamenti (tipo scegliere le conchiglie per una o creare fiocchetti a mano per l'altra) e le varie tipologie di cassettine. 


 Io ne ho create tre ben distinte. Quella marina, dove ho scelto della stoffa blu scura e trina color sabbia. La stoffa è duble face e l'avevo già utilizzata per dei quadretti da mettere in  camera da letto che è a tema marinaro.



Ho aggiunto delle conchiglie e la cassettina può essere messa sul comò come porta creme/profumi/cosmetici.








Per l'interno della cassettina ho usato l'altro lato della stoffa (più chiaro) e ho scelto di immortalare un bel cavalluccio marino.


Poi è stata la volta della cassettina rustica, dal vago sapore campagnolo. Ho usato del nastro di iuta e trina e un nastrino fine con uccellini, fiori, solecuoreamore. I colori usati questa volta sono il sabbia e il lillà.  L'ho impreziosita con due stralci piccolini di lavanda e con un bottone (sempre lillà) incollato su un fiore di legno.





Può essere usato come svuotatasche in un ingresso rustico, ma credo che stia bene anche nella mia craf house, nevvero?


Infine, quella romantica sui toni del rosa. Il nastro grande è un nastro che ho conservato da tre anni a questa parte e finalmente sono stata felice di usarlo (era il nastro di un mazzo di rose inglesi regalatomi da una signora per il Jane Austen Day)





 

Molto shabby il nastrino piccolo che ho usato con citazioni, farfalle, rose e chiavi e mi è sembrato carino aggiungere un piccola chiave al lato. I fiocchetti li ho fatto io, chevvelodicoaffa'. Questa cassettina me la sono immaginata tipo vassoietto per un tè a due o come raccoglitore per la posta in un salotto o uno studio arredato in stile shabby chic,



 Ed ecco qua le mie primissime cassettine porta oggetti. Vojo di', chi direbbe che contenevano delle 'banalissime' ciliegie?
 



martedì 23 maggio 2017

Recensione film: A casa con i suoi


*no spoiler sul finale


Non so voi, ma io quando devo fare qualcosa di molto divertente come stirare, ho bisogno di crearmi un diversivo, qualcosa che mi distragga da cosa sto 'realmente' facendo, per non ingoiare lo stura lavandini perché lo sanno anche i muri che odio stirare. (La mia cesta dei panni sta annuendo, ma sono solo dettagli)
Insomma, mi devo distrarre e ieri sera ho deciso di distrarmi con un film leggero, una commedia americana. Poi, dopo un'analisi più attenta, mi sono resa conto che ho scelto di distrarmi con Matthew McConaughey  attore figo dal cognome impronunciabile, ma tanto noi lo chiamiamo Trottolino amoroso, Stallone caliente o Batuffolinomio, giusto?
Il film è  A casa con i suoi commedia con titolo e trama già vista e sentita, ma c'è Matthew seminudo nel 90% delle scene quindi chissenefotte se non è originale. 



Matthew interpreta Tripp (perché evidentemente vedendo la sua tartaruga la popolazione femminile compresa tra i 15 e i 95 anni evidentemente si intrippa parecchio) che è il classico bamboccione.
È bello, è figo, ha un lavoro, ha 35 anni, ma vive sempre con mamma e papà. Una mamma italiana in questo frangente non farebbe una piega, mentre  i coniugi americani (nonostante la mamma si comporti come le nostre) decidono, dopo essersi consultati con gli amici, che è arrivata l'ora che il loro bel figliolo si faccia una vita propria togliendosi dalle balle. E assumono un'esperta.
A questo punto entra in scena Paula (secondo voi interpretata da una qualunque? No, da Sara Jessica Parker) abile conoscitrice per questo tipo di problemi che attua un piano per far sì che lui si innamori di lei perché, secondo i suoi studi, un uomo  non lascia la casa dei genitori solo perché non ha autostima.
Qui apro una parentesi: se Paula avesse scritto un articolo su questa cosa e lo avesse pubblicato su  FB, il commento medio degli uomini sarebbe stato:
"Non manca l'autostima, manca il lavoro!"
"E chi me lo paga l'affitto? Tu? Eh? Ma vai pettinare le bambole!"
"Esci con me che ti faccio vedere i miei venti cm di autostima."
Chiudo parentesi.
I genitori di lui invece accolgono il 'progetto' entusiasti e dicono ok, si può fare. La madre (la favolosa Kathy Bates) su suggerimento di questa Paula, cambia registro e comincia a responsabilizzare il pargolo con discorsi del tipo: "Lavati le mutande. Rifatti il letto. Porta fuori la spazzatura." (Praticamente quello che mi diceva mi'madre, ndr)
Lui rimane spiazzato e pensa che sua madre sia impazzita, spalleggiato dagli amici che secondo voi sono persone a caso? No, uno è Bradley Cooper, l'altro è Justin Bartha. Un trittico di gnocchi che manco nei ristoranti di Cracco. 

Ovviamente nel frattempo lui ha conosciuto Paula, la corteggia senza minimamente sospettare che lei invece ha un piano in mente e tutto sembra andare a meraviglia.
Poi però la stessa Paula comincia a vacillare, perché si rende conto che quello che ha detto ai genitori di lui "Tranquilli, questo è il mio lavoro, io non mi innamorerò di lui, e NON CI ANDRO' MAI A LETTO" è una grande, stratosferica, cazzata. Perché sfido qualunque donna ad avere a che fare con 'sto tronco di pino e non guardarlo con occhio trombino. 
A quel punto ho temuto che Kathy Bates sbottasse con "Ho già frantumato i malleoli a uno perché mi faceva mori' Misery, figurati se non prendo a sberle te se non ti attieni al nostro piano."
D'altra parte c'è da capirla la nostra sexy and the city; non solo avremmo vacillato anche noi, ma 'sto Tripp piace pure a tutta la fauna dell'universo perché nella scena del surf, lui viene inspiegabilmente assalito e trascinato a largo da un delfino. (Ho poi scoperto che il cetaceo  si chiamava Luisa ed era una delfina non solo curiosa, ma pure focosa).
Ovvio che sul più bello (lui ama lei, lei ama lui, uccellini che cinguettano, campane e cherubini che lanciano cuori e la delfina che minaccia con un 'te la farò pagare!')  lui scopre che è tutto un bluff. 
Mi sono immaginata lui che le dice "Ma come hai potuto?" e lei che gli risponde "No, dico, ma ti sei visto?" Della serie: non sei Danny De Vito, ergo: con te ci sarei venuta pure a gratis.
Che succederà poi? Starà a voi scoprirlo, anche se so che lasciando così tutto in sospeso non ci dormirete stanotte.
Che dire di questo film... è una commedia romantica senza troppe pretese con uno muscoloso, pieno di donne, che si aggira tra barche costose (praticamente un Vacchi senza i balletti) e una tipa dal mento sfuggente alla quale non sfugge, però, 'sto gnocco col quale deve limonare per lavoro. 

Eh... che disdetta alzarsi tutte le mattine per un lavoro del genere. Mannaggia proprio.




Foto post:

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mercoledì 5 aprile 2017

I Seduttori 2.0

(Foto: http://www.universome.unime.it)

Ogni volta che apro su FB 'vedi richieste con filtri' (che non sono altro che i messaggi privati mandati da chi ancora non ha la tua amicizia) mi sento improvvisamente catapultata in una puntata qualsiasi di 'Uomini e Donne'. Mi immagino Zuckerberg che mi dice con la R moscia: "Simona, per te c'è Riccavdo!"E mi appare sto Riccardo che, mai visto e conosciuto, prova un approccio generico alla "Come stai?" come se fosse un amico di vecchia data col quale non ci si vede da un po'. Come stai cosa? Chi ti conosce? Chi sei? Da dove vieni?Un fiorino! Ed è inutile sottolineare che io Riccardo manco ce l'avevo in Indovina Chi. Probabilmente si aspettava un altrettanto generico "Io bene, tu?" per dare il via a una conversazione che sarebbe diventata di lì a breve "Dimmi di che colore porti le mutandine."
"Simona, per te c'è Mavio!" E appare Mario che, probabilmente con gravi problemi di vista, mi dice che sono bellissima, fantastica, due occhi che guarda..." Cosa devo guardare, Mario? Guardo te che mi abbordi su FB come un bimbominkia qualunque offendendo (che sia messo agli atti) anche la mia intelligenza. Mario, sii serio, ma ti sembro una che davanti ai tuoi complimenti ti rifila il numero di telefono? Potrei cambiare idea solo se tu fossi cugino di primo grado di Patrick Dempsey, ma siccome non lo sei, ti è andata male.
"Simona, per te c'è Fabvizio!"E arriva Fabrizio, nelle foto tutto unto e muscoloso col sopracciglio pinzettato che prova un generico:"Sei una bella tipa" con tanto di occhiolino di circostanza. Allora Fabri', famo a capisse: tanto per cominciare io non sono una bella tipa, ma casomai una bella topa e quindi già mi parti male. L'ultima volta che ho visto fare l'occhiolino durante una frase acchiappatope è stato nel'85 in una commedia all'italiana di serie B fatta da un coatto col pacchetto delle sigarette infilato nel risvolto della manica della T-Shirt e uno stuzzicadenti tra le labbra. Ecco, non solo sei fuori moda ma sappi che con me hai lo stesso effetto di uno sputo usato per incollare un bicchiere rotto: non attacca.
"Simona, per te c'è Chris!" Chris, diminutivo di Cristiano, di anni presumibilmente 25. Ora, caro il mio Mr Grey, al di là della tua ovvia avvenenza, no dico, ma ti pare? Potrei essere tu' madre. Ti sei lasciato incantare dalle foto che vedi su FB? Bene, ti svelo un segreto: uso il filtro 'miracolo' dove mi si appianano le rughe, mi si riempiono le tette, mi si limano i fianchi e mi si rimpolpano le natiche che Jennifer Lopez scansate. Ah, e non pubblico quelle dove sono venuta di merda, okay? Ripeto: va bene la moda della milfona, ma potrei essere tua madre e non credo che la tua movida possa andare d'accordo con la mia sciatica o la palpebra calante alle nove di sera. Se ti sembravo una ragazza da copertina sappi che sì, lo sono, ma la copertina è quella di pile a quadretti che metto sulle ginocchia il sabato sera sul divano.
Quindi cari acchiappatope 2.0, cari i miei latin lover da tastiera, cari i miei spasimanti sconosciuti con foto in cui tirate indietro la pancia e la dialettica da piccione 'mbriaco, ve lo dico: cercate altro e andate oltre. Lo so che faccio parte del vostro gioco del calcolo delle probabilità, ovvero: lanciate complimenti, lusinghe, approcci e moine come si lancia il granturco alle galline e prima o poi, sulla scia dei grandi numeri, qualcuna sicuramente abbocca. Ecco, al di là della mia situazione amorosa più che soddisfacente, io sono proprio restia a questo tipo di approccio. Sappiate che subisco molto di più il fascino di un cinquantenne brizzolato, gentile e galante che mi cede il passo in fila alla posta, o che tiene aperta una porta per me, che raccoglie al posto mio un oggetto o mi fa sedere per prima al ristorante, piuttosto che cento 'Sei bellissima, sei figa, sei stupenda, pari 'na modella, era bona pure quella etc etc." ricevuti nei messaggi privati da quello unto e muscoloso, dal giovincello re della notte, dal quarantenne irrisolto che colleziona donne come mi'nonna collezionava tappi di sughero e pure da quello che potrebbe essere mi'padre con la foto del profilo in compagnia dei nipotini.
Detto questo, sapete che dico? Faccio come Tina:
"NO, MARIA. IO ESCO."
Disclaimer: nessun maschio è stato maltrattato o perculato per la stesura di questo post.Qualsiasi riferimento a cose, persone, piccioni e sopracciglia pinzettate è puramente casuale.

giovedì 30 marzo 2017

Cosa ne faccio del mio blog

(Foto: http://www.maratonacittadelvino.it)

Sinceramente non so da dove cominciare. Quello che sto per scrivere doveva rimanere una chiacchierata confidenziale tra me e la mia editor, invece ho deciso di giocare a carte scoperte perché voglio confrontarmi, capire.
Lunedì è uscita questa mia bella intervista per BellaWeb.it. Ringrazio ancora la giornalista che mi ha scovata e che ha voluto dedicarmi una pagina del suo giornale on line. Lo ha fatto nel migliore dei modi, mettendo tutto quello che mi riguarda, compreso il blog. Un blog che non viene più aggiornato. Mi sono immaginata un'ipotetica lettrice che si affaccia per la prima volta su queste pagine. Cosa vede? Un blog trascurato. Non nei contenuti. Non nella grafica, ma nell'aggiornamento. Quindi mi chiedo che senso abbia continuare a metterlo nella biografia e nelle interviste se non gli dedico almeno un po' del mio tempo. Il chiuderlo o mandarlo un po' in ferie non mi è mai passato per l'anticamera del cervello, ma tenerlo così ha poco senso. Mi sono fatta un bell'esame di coscienza ed è venuto fuori che è la normale conseguenza di quello che io ho sempre voluto da questo blog: e cioè non farne un lavoro, non considerarlo un impegno fisso alla 'Oddio DEVO SCRIVERE PER FORZA qualcosa sul blog', ma una sorta di svago alla 'Quando mi va/ho voglia/ho tempo scrivo qualcosa.' E ovviamente è accaduto quello che temevo: aggiornarlo sempre meno.
Sì, okay, potrei dire che sto investendo tempo, impegno, denaro, fatica e sudore sulla scrittura, sui progetti che riguardano l'ultimo libro e su quelli che verranno. Ma è anche vero che in passato postavo tre volte a settimana con Alice piccola, un lavoro part time e i libri in uscita.
Quindi no, non è nemmeno quello.
È che a mio avviso mi sono impigrita. Tutti ci siamo impigriti. I blog non stanno morendo, i blog stanno cambiando. Siamo tutti su Facebook: postiamo lì, commentiamo lì, il cuoricino, il fiorellino, la risatina. A volte riduciamo un commento a una faccina. Una faccina o un pollice su, dicono tutto. Dovrebbero dire tutto. Ma va benissimo, anche io faccio così. È più immediato, più veloce, più istantaneo e bisogna ammettere che in questo FB ci gioca. Manca solo poterci fare la doccia, e davvero potresti dire che è completo. Siamo tutti 'amici', tutti ci sentiamo più vicini, come se un blog, un portale, un sito, mettesse un filtro, qualcosa tra noi e quello che c'è scritto, che voglio condividere. Io su FB ho un nutrito gruppo di persone che mi seguono, che mi commentano, che mi tengono compagnia, che mi fanno ridere pubblicamente e/o commuovere in privato. Belle anime che grazie al 'senza filtro' di una pagina, ma sostenute 'dall'amicizia virtuale' mi dicono di sentirsi più vicine a me. Facebook permette un botta e risposta IMMEDIATO impensabile nei commenti su un blog. Soprattutto se c'è la moderazione. Non abbiamo più voglia e tempo di aspettare. Tutto e subito. A volte sembra davvero una chiacchierata al bar, a volte scriviamo in contemporanea, digitando sui nostri telefonini. Io AMO tutto questo. Io so che se posto un 'Ho macchiato di caffè la camicetta bianca, consigli per smacchiarla?', tempo due secondi e ho venti soluzioni, tutte lì, a portata di mano. Poi qualcuna fa la battuta scema, qualcun altra racconta di come faceva sua nonna, un'altra ancora racconta di quella volta che ha fatto tutto il bucato rosa per colpa di un perizoma rosso infiltrato tra i bianchi. Da quello si potrebbe tranquillamente passare a parlare di un film, di una ricetta e via dicendo. E questo modo così immediato e cameratesco di fare rete si ripercuote sul mio postare. E non solo sul mio. Blogger famosi, dove si contavano 300-400 commenti a post, adesso sono a zero. Zero commenti. Se gli va di culo arrivano a 10, comprese le risposte del blogger. Le visite ci sono lo stesso, se un blog merita, va comunque. Magari meno rispetto ad anni fa quando abbiamo iniziato, ma solo perché il numero dei blogger era più contenuto. I commenti invece sono tutti su FB sotto il post condiviso. E anche qui aprirei un'altra parentesi. A volte funziona più un copia-incolla del proprio post, del post stesso postato sul blog. Perché? Perché si fa fatica pure ad aprire un link. La rete è piena di persone che NON LEGGONO gli articoli. Si limitano a commentare basandosi sul titolo (spesso fuorviante) per la fatica di aprire. Se invece copio-incollo, è tutto lì, a portata di mano. Alla fine io la colpa la do anche ai siti pieni di pubblicità dove non c'è verso di leggere tre righe senza essere investiti da strombazzamenti e schermi giganti. Dopo tre volte che ti succede, ti garantisco che non apri più nulla, anche se è una testata famosa, figuriamoci un blog di Pincopallino. (e sì, anche alcuni blog hanno queste fastidiose pubblicità). La prima botta di scassamento di palle così da farci dirottare a commentare su FB è anche per via del codice captcha, poi abbiamo capito e l'abbiamo tolta, ma resta 'metti il nome', 'metti la mail', 'metti il link del tuo blog', che voglio di', prima si faceva, perché ora non lo facciamo più? Semplice, di là faccio prima. E posso rispondere con  una foto personale per farti un esempio, posso taggare una persona per fargli leggere quello che hai scritto, posso creare una piccola, piacevole discussione. Per quello non si commentano più i blog. Per quello, a volte, ci adeguiamo e postiamo direttamente lì. Soprattutto io che, in otto anni di blog non ho mai pianificato manco mezzo post, mi ritrovo a volere scrivere due righe, poi mi faccio prendere la mano e viene fuori una paginata di roba. Questo vuol dire andare a braccio. Questo vuol dire non pianificare. Questo vuol dire impigrirsi e lasciare il tuo blog senza contenuti. Questo vuol dire far entrare le persone nella tua vita (e a me 'sta cosa piace da matti) annunciando un evento in due righe e riprendere il discorso tre ore dopo con uno status che sembra un racconto.  Se lo stesso racconto (sempre scritto di getto, perché si capisce che li scrivo di getto, sì?) lo dovessi mettere sul blog, dovrei spiegare per filo e per segno il perché di quella situazione perché chi legge QUI non sa che sono tre giorni che sto dietro a questa cosa. Non so se riuscite a capire. La stesura di un post è diversa da uno status (anche se lungo e divertente da poter sembrare un racconto). Chi posta, alla fine, si rivolge a chi non conosce, a ipotetici lettori ( se poi tra questi c'è anche chi ti è amico su FB è un altro discorso) e quindi è tenuto a dare delle informazioni  a monte, sennò pari scemo. Pare che tu parli da solo. Perché le persone ti seguono su Facebook prima che sul blog. Se invece posto direttamente su FB so che Tizio, Caio, Sempronio, Grazia, Graziella e Graziarcazzo, capiscono subito perché sono tre giorni che ridendo e scherzando anticipo qualcosa (che poi si tratta sempre di cazzate, figuriamoci). A me, non lo nego, FB mi è congeniale. È diretto, veloce, ho le mie bimbe a portata di mano, mi permette di scrivere di getto ed entrare a contatto (non lo negate perché è così) in maniera molto più viscerale con chi mi segue.  E vista la piega che hanno preso molti blog e l'atteggiamento che hanno molti blogger, direi che 'sta cosa ci ha contagiato un po' tutti.
Non dico che sia il male, anzi. Dico solo 'peccato'. Peccato che io non sia riuscita a mantenere vivo questo blog, non per i numeri, non per monetizzarlo, semplicemente perché ci sono cresciuta, perché fa parte di me, perché meriterebbe un po' più di attenzione da parte mia. Non da parte di chi mi legge (non mi importa se le persone commentano o non commentano, e se lo fanno qui, o su FB, o in privato. Io stra-adoro ugualmente). Avrei dovuto continuare a curarlo, a postare, a pubblicare contenuti in maniera un pochino più costante. Non tanto per me (la mia dimensione, sbagliata o discutibile che sia, io l'ho trovata). Non per voi (che mi seguite con immenso affetto con o senza il blog). Ma per lui, per questi otto anni di aneddoti, crescita, riflessioni. Per questi otto anni che, a meno che non mi si svampi tutto ora, rimarranno qui per sempre (minchia, pare una minaccia).
Insomma, anche se i blog vanno un pochino meno, anche se c'è crisi, anche se FB ci ha un po' monopolizzato, anche se ci siamo impigriti, voglio promettere a me stessa un impegno maggiore. Di ridare un po' di tono al mio blog, magari con qualche rubrica (se avete consigli sono ben accetti), qualche nuova pagina, qualcosa che mi faccia dire "Ecco, questo lo posso scrivere sul blog."

Ecco, alla fine un post l'ho fatto, brutto, bello, penoso, non ha importanza. Doveva rimanere una chiacchierata e dovevo studiare una strategia in segreto per risollevare le sorti del blog, invece ho deciso di parlare chiaro, a cuore aperto, chiedendovi pure consigli, un confronto. Forse questa mia constatazione può essere utile a qualche blogger in pausa o forse no, e rimane un post sfigato.
Ma intanto oggi, a più di un mese dall'ultimo post, ne ho scritto uno nuovo.
E per me, è già una conquista.








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